VIDEO | La proposta era stata avanza nel 2019 ma non accolta dal commissario ad acta. Il nuovo commissario dovrà ricominciare da zero e trovare un'altra soluzione per risanare le casse dell'Azienda sanitaria
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Inizia oggi l’avventura di Gianluigi Scaffidi al timone dell’Asp di Reggio Calabria. Quello che trova è un’azienda provata e messa in ginocchio da anni di mala gestione e gli ultimi due anni di commissariamento hanno potuto fare ben poco se non gestire le emergenze di volte in volta. Questo perché, ci ha spiegato il commissario uscente Giovanni Meloni, non è stata accettata l’unica vera soluzione per sanare le casse dell’ente. «Noi riteniamo che l’unica misura possibile sia quella radicale cioè una forma di dissesto finanziario quale quella che il primo decreto Calabria aveva varato concedendo questa possibilità anche alle aziende sanitarie».
Così il prefetto Giovanni Meloni mette la parola fine al suo commissariamento dell’Asp di Reggio Calabria, un’azienda disastrata senza bilanci dal 2013 con un debito milionario e, dopo due anni, il commissario propone una sola via per risalire dal baratro. «Non si può chiedere un miracolo. Solo con una misura di dissesto si sarebbe ottenuto di distinguere le due gestioni quella corrente per gestire il giornaliero e per la quale ci sono le risorse che, però, ci vengono erose e aggredite in continuazione dalla gestione passata. È come avere un macigno sulla testa rappresentato da questo immenso debito che nella sua quasi totalità è inesplorato».
La richiesta è stata motivata dalla triade commissariale ma la soluzione non ha convinto i commissari ad acta alla sanita regionale che in questi anni si sono succeduti. «Noi abbiamo fatto fior di relazioni al commissario ad acta, alla Regione e al Ministero. Appena entrato in vigore il primo decreto Calabria noi abbiamo subito proposto questa misura con il supporto di relazioni molto approfondite, dettagliate e circostanziate fatte da esperti contabili. Non è stata accettata ma ce lo hanno comunicato un anno dopo». Meloni non ha dubbi, non è un compito da prefetti o commissari l’unico modo per portare a galla tutto il debito sommerso è affidarlo a una grande società liquidatrice. «Quello che era importante e che il dissesto avrebbe automaticamente determinato, era il distacco di queste due gestioni. La prima cosa che avrebbe fatto il liquidatore avrebbe dovuto essere quella di esplorare questo debito, verificare da dove proveniva e avrebbero fatto un lavoro che avrebbe finalmente chiarito tutto quello che ancora appare nascosto. Sarebbe venuto alla luce tutto».