Il magistrato a capo dell’inchiesta che ha portato all’arresto del primo cittadino si difende: «Non sono un inquisitore»
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«Io non ho la possibilità di stabilire, una volta che individuo un'ipotesi di reato, quali siano le conseguenze politiche e sociologiche del reato che perseguo, altrimenti apriremmo la strada alla discrezionalità: poiché non è opportuna quest'azione penale, me la metto in saccoccia o nell'armadio. Bisogna sempre avere a riferimento un modello astratto. Non credo che a nessuno degli italiani piacerebbe un modello simile, in cui è dato a qualcuno decidere cosa fare e cosa non fare». Sono parole pronunciate dal procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, ai microfoni di "Radio anch'io", in merito alle conseguenze dell'inchiesta sul "modello Riace".
«Io - ha detto ancora - coltivo in me il senso del dubbio, quindi non ho certezze da propinare a nessuno. Però - ha spiegato il magistrato - penso che ognuno debba non tranciare giudizi assoluti. Non sono un Torquemada che ha deciso di perseguitare Lucano, che per giunta è anche un persona simpatica; di per sé ha preso un'iniziativa di altissimo valore morale. Il problema - ha sottolineato - è che non è stato, secondo me, in grado di porla in essere».
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