NOMI-VIDEO | Sono 19 le persone finite in manette nell'ambito dell'operazione Lampetra della Dda di Reggio Calabria. Dalla produzione autonoma di marijuana all'importazione di cocaina per rifornire le piazze, fino all'egemonia sul territorio a colpi di armi da guerra (ASCOLTA L'AUDIO)
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Duro colpo alla cosca Nasone - Gaietti operante nel territorio di Scilla e nelle aree limitrofe. Sono 19 gli arresti eseguiti alle prime luci dell'alba (15 in carcere e 4 ai domiciliari) tra Scilla, Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e le province di Messina, Milano, Roma e Terni dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione Lampetra coordinata dalla Dda diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri. Le persone coinvolte sono ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla produzione e al traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi e tentato omicidio.
Il provvedimento costituisce esito di una complessa attività investigativa – condotta dal Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria con il concorso della Compagnia di Villa San Giovanni – avviata nel 2019 e conclusasi nei primi mesi del 2021, diretta dai sostituti procuratori della Dda Walter Ignazitto e Paola D’Ambrosio, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività della cosca Nasone - Gaietti.
La droga e gli agguati
In particolare, attraverso intercettazione telefoniche, ambientali e telematiche, si è acclarato come la cosca fosse attiva nell'ambito del narcotraffico producendo autonomamente marijuana e importando cocaina per le aree urbane di Scilla, Bagnara e Villa San Giovanni, grazie soprattutto al ruolo svolto dall’indagato Carmelo Cimarosa. Nella disponibilità degli accusati inoltre vi erano armi, tra le quali spicca un kalashnikov di fabbricazione russa, per la commissione di gravi delitti sul territorio, tra cui emergono due episodi: un agguato ai danni di un ignaro cittadino, organizzato al solo fine di dimostrare l’egemonia criminale della cosca sul territorio e la cacciata dalla Calabria di un pusher, reo di aver ritardato il pagamento dello stupefacente. La cosca era poi in grado di controllare alcuni settori particolarmente delicati dell’economia scillese: basti pensare all’interesse dimostrato per le assegnazioni delle concessioni degli stabilimenti balneari. Tutte fasi criminali controllate dalla figura di Angelo Carina, di cui si è delineato il sicuro rango apicale.
La centralità di Carina
Carina è, infatti, l’imprescindibile punto di riferimento per il nipote Carmelo Cimarosa (affiliato al sodalizio e responsabile dell’approvvigionamento e della distribuzione dei quantitativi di stupefacente destinati allo spaccio al dettaglio) con cui era in costante contatto e permanente simbiosi delinquenziale, e per gli altri appartenenti al sodalizio ed al gruppo responsabile dello spaccio di stupefacente: una sorta di mentore criminale al quale, primo fra tutti, il Cimarosa ed i più giovani affiliati si rivolgevano per ricevere indicazioni operative ed ottenere l’autorizzazione al compimento delle azioni delittuose più rilevanti. Il costante contributo di Angelo Carina nelle determinazioni più rilevanti, concernenti la gestione del narcotraffico associato, non era fine a sé stesso, ma si traduceva – ovviamente – nella sua partecipazione anche in sede di spartizione dei relativi guadagni.
Cimarosa a capo del traffico di droga
L’attività intercettiva, incardinata sulla figura di Carmelo Cimarosa, ha acclarato inoltre la centralità della sua figuraper quanto riguarda la gestione del vasto traffico di sostanza stupefacente, il cui flusso di rifornimento era garantito da una stretta cointeressenza con Alvaro Antonio, Laurendi Francesco e Violi Enzo, colpiti anch’essi dall’odierna misura cautelare, e la cui distribuzione al dettaglio era curata da un collettivo di spacciatori a carico dei quali sono state censite 52 cessioni a riprova dell’ingente volume di traffico e di quantità di sostanza stupefacente gestito dal sodalizio.
Le attività di monitoraggio ed osservazione hanno permesso di accertare e quindi allentare l’asfissiante controllo del territorio di Scilla che il sodalizio mafioso ha posto in essere, grazie all’attività di spaccio che aveva trovato nella villa comunale la propria base operativa sottraendola alla disponibilità di cittadini e famiglie.
La squadra di pusher e il business della droga
I membri della consorteria si sono infatti attrezzati, per gestire in modo professionale il business degli stupefacenti, rivolgendosi a fornitori, in grado di assicurare canali privilegiati e stabili di approvvigionamento; tra questi, il principale era certamente il già menzionato Antonio Alvaro; in particolare, Carmelo Cimarosa era attivo principalmente nel mercato della cocaina; mentre quello della marijuana era delegato ai fratelli Silvio Emanuele e Francesco Cimarosa. Le indagini hanno fornito un quadro completo e ben definito della squadra di pusher che, capitanati da Carmelo Cimarosa, si sono rivelati in grado di realizzare una capillare rete di spaccio nel territorio di Scilla e Bagnara Calabra; tenendo una (sia pure rudimentale) contabilità dei rispettivi rapporti di dare/avere, scambiandosi consigli ed ammonimenti per scongiurare il rischio di essere intercettati, dedicandosi alla coltivazione della canapa indiana, per dotare l’organizzazione di stupefacente “fatto in casa” e così incrementare i comuni guadagni, progettando inoltre l’espansione in altre regioni del norditalia per l’esponenziale incremento del giro d’affari criminale e dei connessi margini di profitto e fidelizzando un altissimo numero di clienti che Cimarosa quantificava in ben 400, tra i comuni di Scilla e Bagnara Calabra.
I raid punitivi
L’associazione creatasi intorno a Cimarosa non mancava di confrontarsi, talvolta con una ruvida contrapposizione, alle altre attive sul territorio, attraverso una rivalità che si traduceva nel desiderio di acquisire fette di mercato sempre più ampie a discapito dei concorrenti. Per imporre le proprie regole e per suscitare diffusa intimidazione sul territorio, si avvalevano – oltre che della fama della cosca di appartenenza – anche di un generalizzato ricorso alla violenza. Cimarosa, in particolare, se ne gloriava anche e faceva presente di non avere remore a contrapporsi a chicchessia nell’area di Scilla: anche chi poteva godere della vicinanza con esponenti di altre frange della locale criminalità organizzata, non sarebbe rimasto immune dai suoi raid punitivi. Violenza che veniva esercitata nei limiti in cui era consentita dal galateo della ndrangheta ed in modo da non incorrere nella perdita del “rispetto della famiglia”.
Il rifornimento di cocaina
L’investigazione, inoltre, si è dimostrata decisiva per il censimento della destinazione finale di un ingente carico di cocaina presso il porto di Gioia Tauro. Nello specifico, le propalazioni intercettate evidenziavano, a partire da quella data ed acutizzata nel mese di dicembre del 2019, una grave difficolta di rifornimento di sostanza stupefacente da parte dei fornitori di cocaina oggetto di attenzione investigativa.
Le indagini hanno fotografato, anche, l’allarmante propensione di Carmelo Cimarosa e dei suoi accoliti a fare ricorso ad armi da sparo, per risolvere le problematiche che, di volta in volta, si frapponevano al raggiungimento dei loro obiettivi criminali, che palesano l’elevatissima pericolosità sociale degli indagati e delineano il contesto criminale in cui gli stessi da tempo operano.
Ad esito dell’attività di esecuzione 15 dei 19 arrestati, sono stati destinatari della misura cautelare in carcere e associati presso le Case Circondariali di Reggio Calabria, Messina, Catania, Salerno e Milano, e 4 presso i rispettivi domicili, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
I nomi degli arrestati
In carcere sono finiti:
- Antonio Alvaro,
- Italo Flaviano Cacciola,
- Antonino Cambareri,
- Cosimo Cannizzaro,
- Francesco Caracciolo,
- Angelo Carina,
- Carmelo Cimarosa,
- Francesco Cimarosa,
- Silvio Emanuele Cimarosa,
- Fatmir Fejzulla,
- Antonino Galati Giordano,
- Salvatore Gentilesca,
- Francesco Laurenti,
- Santino Porcaro,
- Vincenzo Siglitano.
Sono stati disposti, invece, i domiciliari per:
- Silvio Carina,
- Cosimo Cicco,
- Giuseppe Cicco,
- Enzo Violi.
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