Gli scout e gli anarchici, le professoresse in tailleur e  i collettivi con la kefia, i (pochi) sindaci, qualche parlamentare, i sindacati e i semplici cittadini: è un mondo che riflette tutte le sfaccettature dell’universo No Ponte quello che questa mattina ha colorato le vie di Villa San Giovanni per la prima manifestazione calabrese contro il collegamento stabile con la Sicilia da quando il ministro leghista alle infrastrutture Matteo Salvini ha riesumato la Stretto di Messina spa.

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Un corteo colorato, festoso e irriverente che si è radunato nel centro della cittadina affacciata sullo Stretto per gridare la propria contrarietà ad un’opera che rischia di stravolgere la fragilità di un fazzoletto di mare tra i più suggestivi del Mediterraneo. E sono proprio le persone che lo Stretto lo vivono tutti i giorni a scendere in piazza tra bandiere, striscioni e cori per difendere l’integrità di questo spicchio di mare.

«Ma c’hannu a fari, finiranno per distruggere il territorio e poi, quando sarà  troppo tardi, si accorgeranno di non essere in grado di finirlo. E a noi resteranno le macerie» dice Rocco, anziano pescatore per passione, che le acque dello Stretto le solca tutti i giorni con la sua barchetta in vetro resina. «Il collegamento con la Sicilia esiste da sempre, ed è il nostro mare. Non abbiamo bisogno del Ponte».

Sotto un caldo soffocante, il lungo serpentone si mette in moto poco dopo le 10 del mattino, quando anche i manifestanti arrivati dalla sponda siciliana dello Stretto hanno preso posto. Alla fine, saranno più di 2500 le persone in marcia. Meno di quelli presenti a Messina alla manifestazione di dicembre ma sufficienti a riempire le stradine della cittadina che aveva ospitato l’ultima grande marcia per il no nel 2009, quando ad accelerare sulla controversa opera era stato l’allora presidente del Consiglio Berlusconi.

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«Perché siamo solo pochi sindaci a manifestare? Non saprei, dovrebbe chiederlo a chi non c’è, io sono qui perché la città che amministro ha bisogno di strade, fognature, ospedali, non del Ponte»: Aldo Alessio, primo cittadino di Gioia Tauro, è in prima fila nel corteo, con tanto di fascia tricolore. La sua città, per quanto lontana dai futuri cantieri, potrebbe essere una delle più penalizzate dalla mega opera con il rischio di vedere tagliato fuori dalle principali rotte commerciali, uno dei porti container più importanti del Mediterraneo a causa dello scarsissimo margine tra la “luce” sotto la campata unica e le altezze sempre più vertiginose dei giganti del mare. Tra i manifestanti anche il sindaco di Polistena Tripodi (con tanto di gonfalone e vigili in alta uniforme) e quello di Catanzaro Fiorita. Dei primi cittadini il cui territorio sarà coinvolto nei cantieri, nemmeno l’ombra.

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Tra file di cittadini curiosi e decine di cartelli No Ponte appesi a finestre e balconi, il corteo si fa strada lentamente fino al lungomare - il tratto di paese che più verrebbe stravolto dalla cantierizzazione e su cui dovrebbe ergersi il pilone alto 400 metri - fermandosi davanti alle case su cui incombe l’idea di Ponte e che sono state inserite tra quelle che dovranno essere tirate giù. Ad accogliere i manifestanti ci sono le note di un pianoforte sistemato su un terrazzino che guarda la dirimpettaia Messina per uno dei momenti più toccanti della manifestazione. 

Tra i bagnati che approfittano del mare immobile ei (pochi) turisti sorpresi dalla manifestazione, il corteo arriva nella piazzetta di Cannitello per i saluti finali della sindaca di Villa Giusy Caminiti e delle tante anime No Ponte che hanno colorato questo sciroccoso sabato di maggio. Resta solo il tempo per i ringraziamenti e per rimandare alla nuova marcia di protesta prevista per settembre, quando i 4 mesi di sospensione dell’iter richiesti dalla Stretto di Messina scadranno e si tireranno le somme di un progetto faraonico e che la gente dello Stretto sembra proprio non voler digerire.