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Regge in Cassazione il processo “All inside 3” condotto contro la cosca Ascone di Rosarno. La seconda sezione penale ha confermato le condanne per 15 dei 17 imputati. Nello specifico sono andate definitive le pene comminate all'esito del processo d'Appello. I giudici di piazza Castello condannarono Vincenzo Ascone a 12 anni, Salvatore Ascone a11 anni, Michele Ascone ed Antonio Ascone a 10 anni, Francesco Ascone e Aldo Nasso ad 8 anni. Sette anni furono inflitti ad Alessandro Ascone, Gioacchino Ascone, Carmela Fiumara,Rocco Fiumara, Vincenzo Fiumara e Damiano Consiglio. Definitive anche la condanna a 7 anni e 4 mesi per Angelo Giordano, a 4 anni per Giuseppe Bonarrigo e a 6 anni per Rocco Furuli.
Le accuse mosse agli imputati erano, a vario titolo, quelle di associazione per delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi, ricettazione, favoreggiamento personale, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, danneggiamento, rapina, il tutto aggravato dalle modalità mafiose. La Cassazione invece, ha annullato con rinvio ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Reggio Calabria, le posizioni di Rocco Scarcella e Damiano Furuli. Per quest'ultimo la Suprema Corte ha escluso la contestazione della recidiva e la pena è stata ridimensionata a sei anni di detenzione, condanna già scontata dall'imputato; mentre per Scarcella è stato accolto il ricorso sul marcato riconoscimento del vincolo della continuazione con una precedente condanna rimediata in un altro processo.
Con la sentenza emessa dagli Ermellini viene quindi sancita l'esistenza e l'operatività della cosca Ascone di Rosarno, da sempre ritenuta una famiglia satellite dei più potenti clan Pesce e Bellocco. L'indagine “All inside 3”, curata dal pm antimafia Roberto Di Palma, ha fornito uno spaccato degli assetti criminali esistenti a Rosarno, documentando gli equilibri - peraltro precari - tra i soggetti ritenuti appartenenti alle diverse cosche. Le risultanze investigative hanno evidenziato che le cosche Pesce e Bellocco non erano nuclei contrapposti ma ognuno di essi, deteneva un comune baricentro di interessi di tipo economico e criminale. A conferma di ciò si è verificato che- anche in presenza di una sovrapposizione di mire espansionistiche- le due articolazioni territoriali della ‘ndrangheta si sono adoperate per evitare che si creassero fratture tra le varie cosche satelliti.
È il caso delle vicende che hanno riguardato proprio le famiglie Ascone e Sabatino, ritenute rispettivamente legate ai Bellocco e ai Pesce. La contrapposizione tra queste due famiglie avrebbe anche indotto i Pesce a effettuare le azioni di fuoco nei confronti degli Ascone, costola appunto dei Bellocco. La faida con i Pesce scoppierà nell'agosto 2007, anche se già nel 1999 si registrarono omicidi agli uomini dei Bellocco. I delitti e i tentati omicidi registratisi successivamente apriranno la frattura criminale tra i due nuclei criminali e proprio le due 'ndrine dei Pesce Bellocco si “siederanno” al tavolo della pace per far cessare le ostilità tra le famiglie satelliti.