Le voci dalla manifestazione del 5 luglio a Milano a sostegno di Gratteri e di tutti i magistrati che lottano per la legalità
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In Calabria ci sono 5066 beni confiscati, in Lombardia 3252. È la ‘ndrangheta che si veste da imprenditoria sana nelle parti più produttive del Paese, approfitta della crisi economica, della pandemia e acquista imprese in difficoltà. Dialoga con la politica, si infiltra. È così che controlla il territorio.
In Lombardia arrivano da anni i soldi della ‘ndrangheta. Soldi sporchi di sangue, come ha detto Vincenzo Linarello, presidente di Goel Gruppo Cooperativo. «Chiunque li accetta, chiunque li maneggia si sporca le mani di sangue, anche se lavora in banca, anche se ha un accento del Nord. Chiunque tocchi i soldi delle mafie è un mafioso. A tutte le latitudini».
Lo dice dal palco della manifestazione che il 5 luglio scorso ha radunato a Milano 150 associazioni da tutta Italia, la prima manifestazione contro la ‘ndrangheta fuori dalla Calabria.
Perché se al Sud le mafie versano il sangue, è al Nord che versano i soldi, dice il giornalista Pino Aprile: «La ‘ndrangheta è l’organizzazione più internazionale del pianeta ed è considerata una delle sei organizzazioni più pericolose del mondo, solo in Italia è un problema dei calabresi. Al Nord si mette in giacca e cravatta e parla con le banche, ricicla, si infiltra nell’economia. Gli imprenditori fanno finta di non sapere chi sono perché quei soldi fanno comodo. La ‘ndrangheta è ovunque, ma non compare quasi mai. In Calabria è in corso il più grande processo che ci sia mai stato contro la ‘ndrangheta, il secondo più importante contro le mafie. Quanto ne abbiamo letto, quanto ne abbiamo visto sulle tv nazionali? Prima di questo c’era stato il processo Aemilia, in Emilia Romagna la ‘ndrangheta si era infiltrata in ogni settore. Leggendo le migliaia di pagine di intercettazioni tra mafiosi e imprenditori non troverete nemmeno una minaccia. Era la società civile che li cercava».
Ed è la società civile che ha dato un segnale a Milano, accorrendo in piazza a sostenere il lavoro del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri contro la ‘ndrangheta e il lavoro di chiunque reagisca alle minacce delle mafie, imprenditori, semplici cittadini, forze dell’ordine e magistrati. Contro le mafie, ma anche contro quello che le spinge ad agire: l’isolamento delle vittime. Accendere i riflettori sui nemici delle mafie, farsi scorta civica per loro perché non siano soli, questo è il messaggio di Milano. Un messaggio alla politica e alle istituzioni che in quella piazza non si sono fatte vedere, a quelle correnti della Magistratura che avrebbero isolato Gratteri nella sua stessa categoria, negandogli la guida della Direzione Nazionale Antimafia. «Perché i nemici di Gratteri sono la ‘ndrangheta, il Governo e le correnti della Magistratura» ha incalzato il giornalista Marco Travaglio in un videomessaggio «Gratteri riceve minacce di morte ogni giorno e né il Presidente Draghi né il Ministro della Giustizia Cartabia hanno mai il tempo di alzare il telefono ed esprimergli solidarietà».
Ma sul palco di Milano qualcuno c’è e sono presenze forti. C’è Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano; c’è Monica Forte, presidente della Commissione Antimafia della Regione Lombardia e c’è Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.
«C’è una forza dal basso che vuole l’Italia libera, ma che non ha centrato ancora l’obiettivo: chiamare la Repubblica alla sua responsabilità di affiancare chi combatte le mafie» ha detto dal palco Monica Forte. Ricorda Falcone, Borsellino, Rocco Chinnici, il Generale Dalla Chiesa, Rosario Livatino e i tanti che hanno pagato con la vita l’impegno solitario contro le mafie: «Ad ogni passaggio di potere c’è stato un tributo di sangue da pagare. Centinaia di servitori dello Stato che oggi ricordiamo e celebriamo, che hanno un elemento in comune: la pochezza di chi doveva esporsi per loro, l’isolamento nello Stato. Chiediamo a pochi di sacrificarsi, e poi? Poi gli facciamo altari e gli dedichiamo piazze per metterci a posto la coscienza. La stagione delle stragi non è archiviata e stiamo ripetendo gli stessi errori di trenta anni fa. Quante sono le figure apicali dello stato alle udienze di Lamezia Terme? Quanti hanno preso sottobraccio gli operatori della Procura di Catanzaro? Nessuno».
Il capo della Dda di Milano Dolci ha parlato del rapporto personale con Nicola Gratteri. Anima semplice, lo chiama, e ricorda l’indagine Crimine Infinito a cui hanno lavorato con i giudici Pignatone, Prestipino e Boccassini. «Scegliere Milano per una manifestazione contro la ‘ndrangheta non è un caso» ha detto Dolci «Milano e la Lombardia sono colonizzate dalla ‘ndrangheta, ma ci sono anche tante realtà antimafia che crescono sempre di più. È grazie a loro e a persone come Nicola Gratteri che credo che alla fine vinceremo. Ma deve esserci sinergia, perché la ‘ndrangheta è una e se non c’è collaborazione con i magistrati calabresi non si va da nessuna parte».
Nicola Morra le fa eco. Il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia si è scagliato contro quei “decisori politici che abbassano l’asticella”. «La più grande emergenza democratica dell’Italia è la mancanza di contrasto alla criminalità organizzata» ha detto Morra «Le mafie sono dappertutto, non più solo al sud. Perché le mafie sono un atteggiamento culturale, quella volontà di potenza che crede di poter comprare tutto col denaro. Ed è per questo che è giusto fare una manifestazione antimafia a Milano. Follow the money, lo diceva Falcone. È qui che c’è la ricchezza». Parlate delle mafie, dice. «Andiamo nelle scuole, nelle piazze, ricordiamo le parole di Borsellino, di Chinnici e anche di Gratteri. Parlatene. Le mafie si sconfiggono con la cultura, come dice il Procuratore. E Nicola Gratteri è un uomo lineare e semplice a differenza di molti altri, che sono raffinati ma sempre per fottere gli altri».
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