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La Polizia di Stato e in particolare gli uomini della squadra mobile di Vibo Valentia e del commissariato di Serra San Bruno, con il supporto del servizio centrale operativo di roma e del reparto prevenzione crimine di Vibo Valentia hanno eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di sette indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, provento di furto o comunque alterate per aumentarne la potenzialità offensiva (a canne mozze), oltre che di ricettazione: reati tutti aggravati dal metodo mafioso. Si tratta di Vincenzo Cocciolo, Domenico Inzillo, 63 anni, Michele Nardo, Antonio Farina, 43 anni, Giuseppe Muller, Viola Inzillo, Rosa Inzillo, tutti di Sorianello.
Le indagini, dirette dai Sostituti Procuratori della Dda Annamaria Frustaci e Filomena Aliberti coordinate dal Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Procuratore Capo Nicola Gratteri, sono scaturite dal tentato omicidio dei fratelli Giovanni Alessandro e Manuel Nesci - quest'ultimo minore affetto da sindrome di down - ed hanno fatto luce su uno spaccato della attuali dinamiche criminali dell'entroterra vibonese, piagato oramai da decenni dalla contrapposizione (nota alla cronaca come "faida dei boschi" e già costata diverse decine di morti) che vede impegnate nella contesa per il controllo del territorio le famiglie Loielo ed Emanuele-Maiolo.
Le investigazioni hanno rivelato i complessi equilibri che portarono alla consumazione dell'agguato mafioso nel quale rimasero gravemente feriti il 28 luglio 2017 i due fratelli, dipingendo un quadro a tinte fosche fatto di trame ordite dagli Inzillo, contigui agli Emanuele, per “eliminare” la controparte, espressione invece della famiglia Loielo.
Il ruolo delle donne
Sullo sfondo del progetto criminale che ha accomunato i propositi degli indagati ha trovato, poi, sfogo l'operato delle "donne" della famiglia Inzillo: operato che si è contraddistinto per l'inusitata violenza delle affermazioni, per la determinazione evidenziata nei propositi omicidiari, per il costante incentivo all'azione assicurato in favore dei "maschi buoni" della famiglia (ossia gli uomini capaci di commettere le azioni delittuose) nonché per l'apporto che in prima persona le stesse hanno garantito nella custodia delle armi, non esitando a coinvolgere anche l'anziana madre(indotta dalle figlie ad occultare una pistola nella propria biancheria intima, al fine di fugare eventuali controlli ad opera delle forze dell'ordine).
Maggiori dettagli verranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terrà alle ore 11 alla Questura di Vibo Valentia alla presenza del procuratore Capo Nicola Gratteri.