Si è rifiutato di lasciare la località segreta in cui risiede da cinque anni per traslocare in un’altra regione, ma il prezzo che Antonio Tenuta, testimone di giustizia cosentino, ha dovuto pagare per questa scelta è stato salatissimo: la revoca del programma di protezione. A determinarla è stata la Commissione centrale che si occupa di collaboratori e testimoni di giustizia, su parere conforme della Dda di Catanzaro e della Direzione nazionale antimafia.

Per parare il colpo, il diretto interessato ha presentato ricorso al Tar del Lazio, chiedendo anche la sospensione dell’esecutività del provvedimento, ma i giudici amministrativi hanno ritenuto la decisione della Commissione «immune da censure». Morale della favola: a Tenuta rimane la carta del Consiglio di Stato, ma se da qui a fine mese la sua posizione non dovesse mutare, allora sarà costretto a lasciare il domicilio in cui vive sotto protezione insieme ai suoi familiari.

Un bel guaio per lui, considerato che nel 2019 aveva avuto il coraggio di denunciare le persone che tentavano di sfilargli da sotto il naso l’agenzia di portierato e vigilanza di cui era titolare. Si tratta di una delle estorsioni già oggetto dell’inchiesta “Testa del serpente”, culminata nelle condanne definitive degli imputati anche grazie alle testimonianze delle vittime.

Tenuta, in particolare, aveva registrato i colloqui intercorsi tra lui e i fratelli Abbruzzese ai tempi in cui gli intimavano di consegnare loro diecimila euro, con la promessa che sarebbero diventate cinquantamila nel caso in cui non avesse pagato. Per questo motivo l’uomo ha subito anche un violento pestaggio e, al pari di altri malcapitati ha vissuto giorni di vero e proprio inferno prima che, a dicembre del 2019, la retata di polizia ponesse fine ai suoi tormenti.

Da allora ha cominciato la sua nuova vita lontano da Cosenza e dalla Calabria. Sembrava che tutto filasse liscio, ma negli ultimi mesi la situazione è precipitata. È stato proprio lui, in principio, a segnalare la presenza di persone di sua conoscenza nella località in cui aveva trovato riparo, circostanza che ha indotto il Servizio di protezione a disporne il trasferimento d’urgenza.

La nuova destinazione scelta per lui, però, non era di suo gradimento: lì, infatti, risiedono diversi dei suoi parenti e amici, troppo alto il rischio di essere localizzato. Da qui i ripetuti rifiuti – o «accettazioni con riserva» - opposti a ogni tentativo di farlo traslocare. Sono queste «le plurime e gravi violazioni comportamentali» che hanno indotto i rappresentanti dello Stato a tagliare i ponti con lui. Brutta storia, non sarebbe dovuta finire così.