È finita con un maxi risarcimento per i tre indagati, la vicenda che 9 anni fece balzare la comunità islamica di Sellia Marina agli onori di una cronaca che non meritava. “Circa 80mila euro per ciascuno”, precisa Francesco Iacopino il legale di uno dei marocchini coinvolti, all’epoca accusati anche di far proselitismo – nella moschea del piccolo centro del Catanzarese – per reclutare possibili terroristi della rete dell’Isis.

Tutto archiviato dal Gip, prima del processo quindi, ma nel municipio il clamore di quel tempo di paura, il sindaco Francesco Mauro lo ricorda assolvendo solo la magistratura visto che afferma che «furono legittimi quei controlli», escludendo che la carcerazione preventiva non sia stato un problema «semmai la stampa che ha enfatizzato».

Il caso di Sellia Marina

L’avvocato Icopino difende anche un marocchino di Luzzi, una vicenda che di recente la Cassazione ha trattato a suo favore, anticamera del possibile ritiro dell’obbligo di dimora che ancora grava. A Sellia Marina il caso non ha prodotto alcun fuggi fuggi. I migranti spiegano che uno degli indagati risarciti è rimasto in paese. L’ex moschea del terrore non c’è più, e cercando di capire dove si riuniscano ora i fedeli si scoprono due verità assai contraddittorie. La prima è che vi è quasi il timore, da parte di un cittadino di Sellia Marina, a indicare il luogo dove gli islamici si ritrovano, tanto è vero che depista il cronista, anzi lo invoglia a non cercare la sede del Centro i cui locali che lui stesso ha messo a disposizione; inoltre, racconta un migrante, «noi abbiamo speso 60mila euro per un terreno che serve per la nuova moschea, ma non ci danno i permessi».

Una situazioe di incertezza che potrebbe essere legata a questioni amministrative, non di tipo religioso, visto che il sindaco afferma: «A Sellia Marina non ha prodotto problematiche di sorta».