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«In Calabria ci sarebbero 160 organizzazioni criminali per un numero di 4.389 affiliati: di essi 2.086 sono presenti nel territorio del distretto di Reggio Calabria e 2.303 nel territorio di Catanzaro». Pesca alcune notazioni realizzate dal procuratore Nicola Gratteri, il presidente della Corte d'Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, nel giorno dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. Eppure, a fronte di una presenza tanto endemica altrettanto gravi appaiono gli indici di ricambio del personale giudiziario. «Le piante organiche di tutti gli uffici del distretto (requirenti e giudicanti) sono inadeguate sia in relazione al numero dei magistrati che a quello del personale amministrativo. Le scoperture di organico sono ormai endemiche dal punto di vista quantitativo: a stabili percentuali corrispondono solo modificazioni soggettive dei giudici trasferite ma invarianza nel numero; il risultato è un movimento migratorio costante in uscita con entrate costituite da magistrati ordinari di prima destinazione che, per vincoli ordinamentali, non possono svolgere funzioni di Gip/Gup.
Inefficace si è rilevato il correttivo normativo tanto da suggerire il ricorso ad applicazioni infradistrettuali od endodistrettuali tali da pregiudicare la già carente efficienza degli uffici di provenienza. Le dinamiche relative i trasferimenti presentano una ricorrenza temporale ormai quadriennale in coincidenza con il periodo di maturazione del requisito minimo di permanenza nell'ufficio tale da determinare scoperture prossime al 50% nei tribunali medio piccoli: Vibo Valentia, Crotone.
«Il fenomeno della mobilità ha creato il "paradosso Calabria" per cui tribunali costituiti in maggioranza da Mot i processi di maggiore allarme criminale locale, nazionale e internazionale, sono celebrati da collegi composti da mot con risposte comunque di efficacia. Il disagio trova espressione nelle criticità dei tribunali di Catanzaro, Crotone, Paola e Vibo Valentia. La scopertura del personale magistratuale trova massima criticità presso il tribunale di Vibo Valentia, privo del 56% dell'organico».
Presente il ministro della Giustizia
A rappresentare il ministero della Giustizia nella cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario a Catanzaro la più alta carica, il titolare del dicastero Andrea Orlando. «Mi sembrava giusto al mio ultimo anno da ministro della Giustizia - ha dichiarato - dare un segnale di attenzione ad una realtà fortemente piegata dalla presenza della criminalità organizzata ma a cui siamo riusciti a dare un sostegno alzando la qualità della magistratura. Credo che Catanzaro sia una di quelle realtà in cui il ministero ha saputo mostrare supporto sia in termini di organico sia in termini di investimenti sulle strutture».
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«Vorrei ringraziare tutti quelli che operano qui in questo distretto per l'impegno dimostrato ogni giorno nel rappresentare sul territorio lo Stato. Guardare le politiche della giustizia dalla Calabria - ha continuato il ministro - non è un esercizio retorico è l'esigenza della vita democratica. Siamo in Calabria perché qui si comprende la necessità dell'aggancio internazionale che ho voluto porre al centro di ogni politica. La 'ndrangheta non è folklore locale ma una rete criminale internazionalizzata. È il centro della mafia che prolifera nei lati oscuri della globalizzazione. Siamo in Calabria perché qui paga l'investimento della legalità nella macchina della giustizia e qui pesano di più l'inefficienza e l'assenza dello Stato. La debolezza delle istituzioni porta altri soggetti, spesso fuori dalla legalità, a costruire intermediazioni improprie, a risolvere il conflitto fuori dalla legislazione a sostituire i valori costituzionali con la legge del più forte. Siamo in Calabria perché dobbiamo vedere la giustizia con gli occhi del sud. Voglio ricordare che nella nostra Repubblica la questione meridionale è stata forte quando ha coinvolto non solo i meridionali, quando ha accompagnato la lotta per l'inclusione e per la democrazia nell'Italia del dopoguerra, quando ha catalizzato le migliori energie culturali nell'impegno politico. A settant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione non possiamo non permetterci di considerare il sud come una causa fondamentale».
Luana Costa