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I sintomi di questa crisi drammatica ci sono tutti: una forte tensione sociale, un ente disgregato e senza controllo, una burocrazia a tratti corrotta, a tratti prepotente, immobile, elefantiaca, incompetente. A tutto ciò, si aggiunga una classe politica e di governo che da almeno 20 anni non conta niente sui tavoli nazionali. Il nuovo Presidente della Regione, dunque, non avrà nemmeno il tempo di festeggiare, perché si dovrà immergere in un lavoro immenso, immane, gigantesco e irto di difficoltà. In queste ultime ore abbiamo assistito a comportamenti irresponsabili, forse illegali, di alcuni assessori uscenti, supportati da qualche direttore generale, i quali, hanno mercanteggiato sulla fame di lavoro in cambio di voti. Lo hanno fatto con spregiudicatezza, cinismo e in spregio ad ogni ritegno istituzionale. La vicenda della Mail istituzionale partita dall’assessorato al Lavoro, e’ emblematica di un degrado che, da anni, connota una certa politica. Nella vicenda in questione, quello che è più grave non è tanto l’atteggiamento dell’assessore, seppur grave, ma di coloro che, per conto della istituzione regionale, avevano il compito di tutelare dati sensibili affidati all’amministrazione pubblica. In un paese serio, un fatto così grave sarebbe stato punito con il licenziamento in tronco del funzionario delegato alla custodia di tali dati.
E’ giunto il momento, dunque, di mettere mano alla riforma radicale della Regione, senza compromessi e senza rimescolamenti di carte tra i soliti direttori generali. Cancellare le società in house, le fondazioni, e tutti i carrozzoni ad esse collegate diventa non un dovere, ma un imperativo categorico, per chi, in questa campagna elettorale, ha conclamato la netta discontinuità con il passato. Non sappiamo, allo stato, quanta gente domenica si recherà alle urne, quello che si percepisce però, è che l’elettorato calabrese sia stanco, demotivato, ciò perché molte, forse troppe volte, è stato illuso da promesse non mantenute e da irresponsabili politiche clientelari. E’ giunta l’ora che tutto questo finisca.
La Calabria e’ allo stremo. 300 mila giovani nel corso di questi anni hanno preferito andare via, risentiti e amareggiati verso una classe dirigente mediocre che, nel corso degli anni, ha sostituito con il nepotismo e la clientela il merito e la valorizzazione dei migliori. E’ probabile che domenica questa disaffezione alla politica si rivelerà nelle urne, ciò, sarà un altro problema, è un’altra responsabilità, sulle spalle di coloro ai quali sarà affidato l’onere del governo, i quali, dovranno dare compiutezza alle parole d’ordine che hanno lanciato per tutta la campagna elettorale. Un primo bel segnale, sarebbe quello di cancellare subito promozioni, contratti, assunzioni e decreti attuati a poche ore dall’apertura delle urne, non tanto per punire qualcuno, ma per indicare un esempio per il futuro.
Pasquale Motta