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C’è una italiana, una afghana e un eritreo. Sono affacciati su un balcone di una scuola di uno sperduto paese calabrese a studiare nel pomeriggio di ogni giorno la bellezza di essere umani. Essere umani. Esseri, umani. Esseri. Umani. La cosa interessante di questa storia è che non è una barzelletta. Anche se fa ridere lo stesso. Tranne quando Philippe, 7 anni, arrivato a Riace da qualche mese, mostra quasi orgoglioso le profonde cicatrici sul braccio sinistro. Ricordi di una traversata ammassato su un barcone.
Non è una barzelletta, ma fa ridere lo stesso. Tranne quando ieri sera a “Dalla Vostra Parte”, il programma di Paolo Del Debbio tipicamente a sfondo razzista e sapientemente spacciato per pluralista, c’era gente terrorizzata di Oderzo, un paese certamente meno sperduto e più ricco di Riace. Era terrorizzata per l’arrivo di tanti migranti. Una signora, esempio classico di italiano medio, sosteneva il teorema dell’ignoranza, ovvero che la preoccupazione maggiore per le popolazioni di Oderzo è quella di non sapere chi verrà accolto nella caserma, aggiungendo che una percentuale alta di soli maschi mal si concilia con la – evidentemente – debole sessualmente e fisicamente (o altrimenti in cosa dovrebbe mal conciliarsi?) cittadinanza trevigiana. Inoltre, per tutta la puntata il conduttore Del Debbio e la parlamentare Daniela Santanchè hanno continuato ripetutamente ad offendere Domenico Lucano, sindaco di Riace in collegamento, ridicolizzando più volte il suo essere, la sua persona perchè il suo modello non deve passare e soprattutto non dev'essere imitato.
Certo, Lucano – da uomo di fatti e non di spettacolo, lontano anni luce dai principi insani delle tv generaliste – non ha ben capito in quale brutta arena si è trovato a lottare. Già, perché lui stesso ha ribadito la propria volontà di non voler fare polemica, ma di spiegare, parlare, sostenere, indicare una strada, un sogno, una realtà. E Del Debbio, riconoscendo la debolezza comunicativa di Lucano, ha inveito più volte contro il sindaco calabrese, invitandolo malamente ad andarsene prima e a rendersi conto del fatto di essere in uno show senza esclusioni di colpi poi.
Riace non è una barzelletta, ma fa ridere lo stesso. Tranne quando per ragioni di sentimento fascista e xenofobo si tende a distruggere un mito costruito con il sudore, con la volontà, con il sentimento. Un mito, divenuto modello, generato da profondi ideali di umanità, che evidentemente mal si conciliano con le bagarre politiche e politicanti dei soliti noti, di quelli che hanno sempre in bocca un solo (dis)valore di appartenenza, ovvero la convinzione di dover difendere l'italianità, ammesso che esista.
A Riace c’è il sogno, l’utopia e la realtà. E non è una barzelletta. Anche se fa ridere. Perché a Riace si sorride. E dispiace per tutti quegli “italiani” che piangono la loro ignoranza. Del Debbio e Santanchè compresi.