Un cancello color bronzo, un lungo corridoio all’aperto e un’insegna con su scritto “Cose usate”. È quello che si trova davanti chi a Tropea decide di passare dalla bottega di Giuseppe Taccone. Conosciuto da tutti come "u prufessuri", è un antiquario di Tropea che ha dato vita a quello che si potrebbe definire “il museo delle cose vecchie”. Così come si conservano quadri e reperti antichi nei musei, qui Peppino accumula e conserva, da più di sessant’anni, oggetti di ogni genere e di cui la gente tende a disfarsi.

U prufessuri, quasi ogni mattina, parte con un furgoncino malconcio dalla sua città e va in giro per i paesini limitrofi alla ricerca di quelle che comunemente vengono definite cianfrusaglie, ma che in realtà, per Peppino, sono pezzi unici, depositari di una propria storia. Nella sua bottega situata in una sorta di grande garage nel cuore di Tropea, u prufessuri conserva una quantità non definibile di oggetti, che gli amici dicono essere più di 10mila, e di cui lo stesso Peppino ne ricorda il luogo del ritrovo: il comò del 1900 rinvenuto in un’antica casa a Tropea, l’armadio antico tolto da un’altra casa, questa volta nei pressi di Briatico e comprato a poco, semplicemente per nutrire la sua grande passione: accumulare oggetti anche di poco valore, per semplice piacere. Una passione tanto anacronistica, quanto bizzarra, quella d’u prufessuri, nata già da bambino, quando ha notato e conservato il suo primo oggetto vecchio, di cui oggi non ricorda più i dettagli.

Una passione anacronistica, soprattutto considerando i tempi che stiamo vivendo: in una società che ci vuole super tecnologici, moderni, che ci porta a cambiare gli smartphone con gli ultimi modelli usciti per non essere considerati fuori tempo, Peppino va controcorrente e con estrema sincerità e tanta umiltà racconta la sua passione, che rende tanto felice lui, un po' meno i suoi figli. Tanta malinconia negli occhi di Peppino, che con un velo di dispiacere e una punta di amarezza, racconta di come rimanga incompresa e di come spesso sia oggetto di scherno la sua attività, che con ogni probabilità vedrebbe riconosciuto il proprio valore se si trovasse in una grande città, che caratterizzata dal grande sviluppo, forse ha un occhio di riguardo per le piccole botteghe custodi di storie antiche.

Nella bottega d’u prufessuri si trova letteralmente di tutto, e la cosa curiosa è che spesso sono i clienti a fare i prezzi, sì perché Peppino non fa questo lavoro, che definisce il più bello del mondo, per guadagnare, ma unicamente per amore; il suo obiettivo, infatti, non è arricchirsi ma rendere felice il cliente, perché tanto «quello che accumuliamo rimane sulla terra quando noi non ci saremo più».

“Amuri e cori debuli avi pi lu passatu, // chi paga caru, e poi vindi mircatu”. Sono solo due versi della poesia che gli è stata dedicata e che racconta in rima la passione di Giuseppe Taccone, in arte u prufessuri. Negli anni la bottega d’u prufessuri è diventata un punto di attrazione, un luogo che gli abitanti del borgo, ma maggiormente i turisti si recano a visitare per curiosità e da cui rimangono affascinati.

La storia di Giuseppe Taccone è stata raccontata dal videoreporter Saverio Caraccio nel format LaC Storie: RIVEDI QUI LA PUNTATA