Il personaggio di Lo Macuna, in arte Giulio, è romanzesco. Racconta con chiarezza assoluta il profilo psicologico collettivo della buona società reggina. La diagnosi è altrettanto evidente: narcisismo e provincialismo cronici.

 

Lo Macuna, a Reggio, non esiste. Il suo nome è stato dimenticato, sopravvive soltanto nei registri dello Stato italiano, di cui ha acquisito la cittadinanza. In città, invece, tutti conoscono Giulio: un senegalese dalla pelle d'ebano, di circa due metri d'altezza, con una voce profonda e un eloquio scorrevole persino in dialetto. Lo Macuna, detto Giulio, era l'unico vero imprenditore di Reggio Calabria, prima di essere arrestato questa mattina per associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione.

 

Da 20 anni almeno, tutte le mattine, Giulio montava la sua bancarella a Piazza del Popolo, nel mercato cittadino. Negli anni ha costruito un vero e proprio “marchio sotterraneo”: tutti in città sapevano che da Giulio si potevano trovare i prodotti d'alta moda “perfettamente imitati”, per dirla alla napoletana. Merce fallata, di dubbia provenienza, borse Gucci, Fendi, polo Ralph Lauren, accessori di Louis Vuitton.

 

La buona società reggina faceva la fila per spulciare la merce di Giulio, nell'attesa di trovare l'affare che meglio avrebbe figurato nel proprio circolo o alla prossima serata nel lido più “in”. Va presto chiarito: se le risultanze delle indagini dovessero essere confermate, Lo Macuna ha commesso dei reati che andranno debitamente pagati. Eppure non si può non comporre un'apologia in favore di un genio, di un uomo partito dal nulla che ha compreso a tal punto la psicologia della Reggio “bene” da costruire un impero sulle sue macerie morali.

 

Giulio, vent'anni prima dei moderni Pr da discoteca, ha compreso che a Reggio la verità è sempre estrinseca, perchè in riva allo Stretto è l'apparire che fa l'essere. Che il reggino è talmente “pollo” da consegnare a un oggetto dall'aspetto costoso il proprio valore sociale e umano. La borsa Fendi come dimostrazione della propria esistenza, altrimenti indimostrabile. Persino l'assunzione della nuova identità è geniale: Lo Macuna ha capito che doveva apparire affidabile, custodendo i segreti economici delle mogli dei professionisti reggini. Un nome inoffensivo come “Giulio” era perfetto. 

 

Giulio vendeva sogni di gloria a chi si vergognava di non poterseli permettere. Ha sfruttato, forse illegalmente, una nicchia di mercato che a Reggio è inesauribile: il narcisismo del provinciale. La legge della domanda e dell'offerta è stata l'unica guida di Lo Macuna e della sua maschera “Giulio”, peccato che la domanda posta da Reggio Calabria fosse di un vuoto sconcertante.