È la E90 della rete stradale europea, ma qui nessuno la chiama così perché di europeo non ha proprio niente. Meglio nota come Ss 106, dove “Ss” sta per “strada statale”, per chi la vive tutti i giorni è semplicemente “la 106”, per comodità di linguaggio, certo, ma anche perché pure di statale c’è poco.

Lunga 491 chilometri totali, dalla punta dello Stivale porta fino a Taranto attraversando la Basilicata, ma in Calabria la 106 è un’altra cosa. Stretta, vecchia, pericolosa, una ferita d’asfalto che squarcia la costa ionica per 415 chilometri. A volerli percorrere tutti si impiegherebbero ben 7 ore e 30 minuti. Un’eternità. Basti pensare che per coprire la stessa distanza da Roma a La Spezia, anche evitando l’autostrada e optando per la litoranea E80 (un’altra figlia della rete stradale europea), di ore ne bastano tre in meno. Si fa addirittura prima ad andare dalla Capitale a Torino: si risparmiano almeno venti minuti di viaggio nonostante i 275 chilometri in più. Ma restiamo pure a queste latitudini: Cosenza-Roma, con oltre cento chilometri aggiuntivi, è un viaggio di circa cinque ore.

Farsi tutta la 106 è insomma impresa riservata a chi ha molto tempo (e pazienza) da perdere o brutte colpe da espiare. E ai curiosi che vogliono “sentirla”. Per palparne le contraddizioni, le storture, per sgranare gli occhi ogni volta che la carreggiata si restringe all’inverosimile e una bicicletta ti attraversa la strada o dal finestrino puoi allungare la mano e accarezzare il cane del signore che passeggia di fianco a te.

Una vecchia signora

Nata nel 1928 con la legge di “Istituzione dell’Azienda autonoma statale della strada”, l’Anas per intenderci, che da quel momento avrebbe dovuto curarne la «manutenzione ordinaria e straordinaria» e provvedere alla sua «sistemazione», ha per ampi tratti conservato il suo aspetto di vecchia signora degli anni Venti. È lo stesso sito dell’Anas a dare un quadro di massima della situazione attuale: «Lungo la statale Jonica, l’Anas ha già completato l’ampliamento a quattro corsie, con spartitraffico centrale, di tutto il tratto ricadente in Puglia (39 km) e in Basilicata (37 km). In Calabria sono stati ampliati a quattro corsie circa 67 km, di cui: 15 km al confine con la Basilicata (tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza); 5 km a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone); 22 km tra lo svincolo di Squillace e lo svincolo di Simeri Crichi; infine 25 km tra Locri e Roccella Jonica (in provincia di Reggio Calabria)».

Il resto è una serie di restringimenti, innesti a raso e improbabili attraversamenti pedonali che, conditi dalla scarsa illuminazione in alcuni punti, hanno dato vita a un fenomeno molto diffuso da queste parti: la fioritura dei guardrail, una sequela di croci e foto e petali colorati di cui si perde facilmente il conto e che hanno dato alla 106 la triste fama di “strada della morte”. Alcuni comuni hanno pensato di mettere una pezza, piazzando autovelox ed esasperanti limiti di velocità a 50-60 chilometri orari che in realtà la pezza l’hanno messa più alle casse comunali che ad altro. L’Anas precisa però di avere «in atto un piano complessivo di riqualificazione dell’arteria, che comprende sia la realizzazione di tratti con due carreggiate separate, ciascuna a due corsie per senso di marcia, sia la messa in sicurezza dell’arteria esistente».

Il terzo megalotto

Il principale intervento in programma – un programma che si trascina avanti da anni – è il terzo megalotto, tratto che si snoda tra Sibari e Roseto Capo Spulico per 38 km. Il progetto preliminare redatto da Anas nel 2003 è stato approvato dal Cipe nel settembre 2007, ma solo il 28 febbraio 2018 è arrivata l’approvazione definitiva del finanziamento di 1 miliardo 335 milioni di euro. Il 9 maggio dello stesso anno, l’allora presidente della Regione Mario Oliverio e l’ex amministratore delegato dell’Anas Gianni Vittorio Armani hanno presentato il progetto definitivo al Museo di Sibari. E vissero tutti felici e contenti? No.

Il cantiere è stato avviato due anni dopo, a maggio 2020, ma solo a parole, con una cerimonia a cui erano presenti l’allora ministro per le Infrastrutture Paola De Micheli, la scomparsa presidente della Regione Jole Santelli e il nuovo amministratore delegato di Anas Massimo Simonini, oltre ai sindaci degli otto comuni interessati. Fine lavori prevista: agosto 2026. Dicono.

Due carreggiate, quattro svincoli, tre gallerie naturali e undici artificiali, quindici tra ponti e viadotti: questi i numeri dell’opera affidata al consorzio Sirio, che altro non è che il gruppo WeBuild. Lo stesso che, sotto l’insegna Eurolink, ha sfornato nel 2011 l’unico progetto del ponte sullo Stretto finora approvato.

Aspettando il passaggio a sud

Ma se il ponte, dopo anni di discussioni, ancora divide e solleva dubbi, la 106 mette tutti d’accordo. Sulla necessità di un ammodernamento in tempi brevi, almeno. Sulle modalità di realizzazione, invece, non sono mancate le contestazioni di cittadini e attivisti a un nuovo tracciato che – affermano – non terrebbe conto delle peculiarità del territorio mentre sarebbe bastato mettere mano all’esistente. E a onor del vero, il tratto Sibari-Roseto – chi la 106 l’ha percorsa tutta almeno una volta lo sa – non è uno di quelli messi peggio. Ma la storia delle grandi opere è costellata di situazioni del genere: la popolazione (o una parte di essa) chiede quantomeno di essere ascoltata, politica e istituzioni poco se ne curano e vanno avanti per la propria strada. Servisse almeno per accelerare i tempi. Invece, almeno in questo caso, di strada ne hanno fatta comunque poca. Fino a Sibari, per il momento.

E mentre i sindaci dei comuni ricadenti lungo il terzo megalotto lamentano di sapere poco o niente dell’avanzamento dei lavori, Anas e Sirio rispondono con il “press tour” organizzato l’11 giugno scorso sui cantieri per giornalisti e operatori radiotelevisivi. Per chi invece sulla 106 ci vive, il tour prosegue verso sud, in uno slalom tra studi in corso e progetti presentati, soldi da trovare e soldi trovati solo in parte, promesse, aspettative, disillusione crescente e delusione dietro l’angolo. Aspettando che “i nostri” arrivino in quei posti di cui oggi non parla nessuno, se non quando l’ennesimo incidente mortale costringe a puntare lì i riflettori. Quei posti in cui la 106 sventra i centri abitati, passa davanti agli usci delle case con la sua carovana di auto frettolose e di camion che sembrano elefanti in una cristalleria, sbircia nelle finestre e origlia i discorsi di piazza, violentando la quotidianità di chi vive sulla statale dimenticata dallo Stato.