«Siamo qui per pregare insieme per le donne non hanno la possibilità di vivere pienamente la propria dignità e si trovano alla mercè di uomini che le riducono a cose e oggetto di piacere. Tutto questo va contro non solo lo spirito cristiano ma anche il senso civile del vivere umano. La preghiera, quindi, è una denuncia ma è anche un invito a liberarsi da questa schiavitù», ha sottolineato l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, Fortunato Morrone.


Pregare per denunciare e per restare accanto alle donne che anche a Reggio Calabria vivono la drammatica condizione dello sfruttamento e della prostituzione e con le quali i volontari e le volontarie dell’unità di strada Delicati segni di Speranza coordinato dalle suore Alcantarine di Archi della Caritas, prima che la pandemia scoppiasse, hanno costruito una relazione fondata sull’ascolto e sull’accoglienza. Nigeriane, est–europee, italiane, strette nella morsa della tratta e degli abusi, a loro si torna a dedicare, in costanza della festa dell’Immacolata e sulla scia della recente giornata internazionale contro la violenza sulle Donne, una veglia corale.

Donne e uomini pregano insieme

Un momento di preghiera a più voci, in cui uomini e donne si riscoprono uniti nell’urgenza di condannare ogni forma di violenza e praticare una quotidianità che non rinneghi il valore insopprimibile della pari dignità, senza prevaricazioni e subalternità. Una preghiera che ha avuto come cornice il porto Candeloro di Reggio Calabria, simbolo di approdi ai quali per molte donne, purtroppo, non segue una vita di libertà.

«Intanto preghiamo ma la Chiesa è impegnata anche in altre attività per consentire a queste donne di liberarsi e di uscire da questo giro che certamente è disumano e va contro la verità della donna che è aperta alla vita, non perchè sia violata ma perché sia donata e custodita, quindi contro la verità dell’amore, della prossimità e della giustizia in quanto tale», ha concluso l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, Fortunato Morrone.