I consiglieri regionali Antonio Lo Schiavo (Gruppo misto - Liberamente progressisti) e Raffaele Mammoliti (Partito democratico) si sono recati in visita al centro di accoglienza provvisorio allestito nell’area industriale di Portosalvo, frazione di Vibo Valentia, dove sono tuttora in corso le operazioni di riconoscimento dei circa 400 migranti giunti nel porto di Vibo Marina il 12 aprile a bordo della nave Diciotti della Guardia costiera. Per i profughi è previsto il trasferimento verso le regioni del Nord, mentre i minori non accompagnati sono stati sistemati a Mileto e Catanzaro

I due esponenti vibonesi di Palazzo Campanella, sottolineando e apprezzando «il grande impegno profuso dal personale di Prefettura e Questura e dalle forze dell’ordine, nonché dalla Protezione civile e dai volontari impegnati nell’accoglienza, a testimonianza della grande sensibilità che fa della città di Vibo Valentia un encomiabile esempio di solidarietà», hanno voluto acquisire direttamente dagli operatori informazioni sulle condizioni e le modalità della gestione degli sbarchi nel Vibonese, offrendo piena collaborazione e supporto.

«Di fronte ad un fenomeno di proporzioni epocali - hanno dichiarato Lo Schiavo e Mammoliti al termine del sopralluogo - il nostro Paese ha il dovere di approntare misure strutturali per la gestione dei flussi migratori sul territorio nazionale, consentendo a chi si trova in prima linea per gestire l’ordine pubblico, l’assistenza sanitaria e il coordinamento dell’accoglienza nel suo complesso, di operare nelle migliori condizioni possibili. Ci chiediamo se basti la dichiarazione dello Stato di emergenza nazionale, sostenuto da uno stanziamento di appena 5 milioni di euro e per soli sei mesi, per fronteggiare flussi migratori che incrementano a vista d’occhio. Flussi che non accennano a scemare ma anzi sembrano destinati ad aumentare a dismisura, considerato che dall’inizio del 2023 si registra un aumento di circa il 300% rispetto allo scorso anno, con tutti gli hotspot del Paese ormai saturi e al collasso. Se, soprattutto, le comunità del Sud sono chiamate a sostenere questo importante fenomeno, allora si mettano le varie articolazioni dello Stato interessate nella reale condizione di farlo, senza dover per questo sacrificare gli altri servizi cui sono originariamente destinate».

Entrando nel dettaglio, i due consiglieri aggiungono: «Abbiamo riscontrato l’impellente necessità di incrementare le figure dei mediatori culturali che, specie nelle prime fasi dell’accoglienza, giocano un ruolo decisivo, facilitando la relazione tra migranti e operatori, l’intermediazione linguistica, l’individuazione dei bisogni individuali. Su tale figura professionale vi sono ancora troppe lacune a livello legislativo e come segnala l’Associazione multietnica dei mediatori interculturali si è ancora in attesa di una vera normativa nazionale. Ma anche le Regioni possono intervenire in tal senso, definendo con appositi atti i ruoli, le competenze e gli ambiti di intervento. Diverse Regioni lo hanno fatto negli anni scorsi, mentre la Calabria ha riconosciuto la figura professionale del Mediatore interculturale solo nel quadro del vecchio Por 2007/2013, istituendo un registro di cui ora non sembra esserci più traccia, per come affermato anche dagli stessi operatori sul campo. Per tale motivo - concludono Lo Schiavo e Mammoliti - ci faremo promotori di una proposta di legge che miri al riconoscimento e alla definizione della figura professionale del mediatore interculturale e alla creazione di un vero registro regionale realmente funzionante cui attingere nei casi di necessità».