Le associazioni e i comitati contrari alla grande opera sono critici riguardo alle precisazioni fornite dalla società al ministero dell'Ambiente. Secondo loro il progetto «si muove per tanti versi in un terreno inesplorato e richiederebbe quanto meno una sosta per sanare le attuali criticità e per approfondire soluzioni alternative»
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Criticità di carattere ambientale rimaste tali, dubbi sulle tecniche di costruzione inevasi e analisi dei dati sugli impatti dei lavori «arditamente e scientemente minimizzati». Le conclusioni della controrelazione che Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Man, Kyoto club,, Sdt, associazione Invece del ponte e comitato NoPonte-Capo Peloro hanno protocollato al Mase in risposta alle integrazioni fornite dalla Stretto di Messina alla commissione ministeriale, fotografano una situazione rimasta sostanzialmente invariata, nei dubbi e nelle criticità che erano già emerse. A partire proprio dalle tematiche ambientali: «Le relazioni del presente documento – si legge nel documento – hanno evidenziato come le tematiche ambientali siano state trattate, senza alcuna visione d’insieme delle problematiche, dall’altro, volendo spesso far passare per mitigazioni interventi o operazioni che certo mitigazioni non sono».
Le faglie
Già colpita negli ultimi due secoli e mezzo da almeno tre terremoti devastanti (1783, 1905, 1908) Villa San Giovanni sarà uno dei centri più coinvolti dai futuri lavori per il ponte. Sulla spiaggia della cittadina tirrenica sorgerà uno dei piloni di sostegno all’opera e un po’ più a monte, nella zona di Piale, verranno collocati i giganteschi cavi di sostegno al piano stradale e ferroviario. Entrambe le zone, denunciano i comitati, sono interessate da alcune faglie attive certificate dall’Ispra. «Nelle aree di Cannitello e Piale – si legge nel documento – sono state individuate diverse faglie, documentate nel rapporto Ispra e quindi riportate in un documento ufficiale dello Stato».
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A Cannitello, spiegano i comitati, il pilone del ponte sorgerebbe proprio su una di esse: «In altre parole, tale fondazione risulta posta proprio al di sopra del tetto di faglia lato mare Calabria della faglia di Cannitello e, con buona probabilità, ne viene intersecata in profondità». E molto vicine (circa 150 metri) al blocco d’ormeggio dei cavi sarebbero le altre due faglie attive nella zona. Criticità che avrebbero dovuto «indurre il progettista a non dover considerare l’area delle fondazioni in progetto come area sicura».
Le criticità strutturali
Non c’è solo la presenza di faglie attive nei pressi delle fondazioni del ponte a preoccupare i comitati che, confutando la relazione tecnica presentata da Sdm nei mesi passati, ne hanno sottolineato diversi. «In definitiva – si legge – il documento conferma le preoccupazioni avanzate» rispetto ad alcuni temi fondamentali, come «l’elevata deformabilità verticale della struttura al transito di treni e veicoli (oltre 10 metri di deformazione) e conseguenti elevate pendenze del piano stradale e ferroviario sia longitudinali che trasversali, superiori in certi casi ai limiti usuali». E poi il vento che, soffiando sullo Stretto, renderebbe evidente un «sensibile livello di rischio al ribaltamento per effetto del vento e delle rotazioni trasversali e vibrazioni dell’impalcato». Una serie di criticità che secondo i comitati porterebbe il progetto a muoversi «per tanti versi in un terreno inesplorato, la cui fattibilità non è accertata, e che richiederebbe quanto meno una sosta per sanare le attuali criticità già in sede di progetto definitivo e per approfondire soluzioni alternative, prima di procedere alla fase di progetto esecutivo».
L’analisi costi benefici
«Carente, incompleta e omissiva»: tra i punti maggiormente critici individuati dalle associazioni e dai comitati che da tempo si sono schierati contro la costruzione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia, c’è certamente l’analisi costi e benefici dell’opera fornita dalla Stretto di Messina a integrazione del progetto del 2011. Secondo la lunga relazione protocollata al Mase dai comitati infatti, l’analisi costi benefici della società di Ciucci presenta la «mancata valutazione dei piani di investimento e degli stanziamenti del Pnnr per l’efficientamento dell’attraversamento marittimo dello Stretto per i treni passeggeri, con sovrastima tempo di attraversamento». Che in soldoni significa che, mettendo a confronto i tempi di attraversamento del ponte con gli attuali mezzi e con quelli previsti dopo la sua realizzazione, la Sdm avrebbe gonfiato i primi e ridotto i secondi. Allo stesso modo, dicono i comitati, sono stati sovrastimati i tempi di attraversamento con gli aliscafi e quelli legati alle emissioni di Co2 dei traghetti, mentre non sarebbe stato considerato il «costo del tempo» per i residenti di Villa e Messina durante la lunga fase di cantierizzazione.
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Traffico e tariffe
Anche sulle previsioni dei dati di traffico presentate dalla Stretto di Messina come integrazioni al progetto del 2011 “rinfrescato” in fretta e furia negli ultimi mesi, i comitati sollevano numerosi dubbi. Dati che secondo le associazioni contrarie al progetto calcolano una crescita tendenziale di traffico «riferita ad un periodo troppo breve di analisi risultando poco credibile». A confermarlo ci sono i numeri che confermerebbero un trend decrescente sia per il traffico veicolare che in quello legato al trasporto delle merci. In particolare la Sdm calcola un aumento del flusso di traffico con la presenza del ponte del 24% rispetto al 2022 che determinerebbe un’impennata significativa di domanda di mobilità pari a 3,4 milioni di parsone in più: «Tali valori sono assai poco convincenti – scrivono le associazioni nelle loro controdeduzioni – in rapporto alla tendenza trentennale gradualmente e globalmente decrescente».
Aree di cantiere
Tra le contestazioni alle integrazioni di Sdm, a destare preoccupazioni tra i cittadini sono le future aree di cantiere su entrambe le sponde dello Stretto. Integrazioni che, per lo studio dei comitati, provano «la mancata esecuzione delle indispensabili indagini, sondaggi, rilievi e prove, rimandando tali adempimenti alla successiva fase di progettazione esecutiva». Alla società proponente viene poi contestata la «la mancata verifica di stabilità dei pendii» e la «verifica di compatibilità delle opere stesse con il quadro di dissesto geomorfologico presente nelle aree di cantiere».