VIDEO | Finanziato dal ministero della Salute, mette in rete le tre università calabresi con i maggiori ospedali della regione e istituti di livello nazionale. Il responsabile scientifico Fortino: «Sarà un passo avanti enorme per la nostra sanità»
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Un budget di 4 milioni di euro, frutto di un finanziamento del ministero della Salute, e un obiettivo ambizioso ma a portata di mano: sviluppare una nuova metodica per la diagnosi precocissima dei tumori e creare una rete tra università e centri sanitari a livello regionale e nazionale per la condivisione di studi e risultati. Il progetto si chiama Radioamica e coinvolge i principali centri calabresi nei campi della ricerca e della sanità e anche realtà fuori regione: le tre università della regione, i maggiori ospedali – l’Annunziata di Cosenza, la Dulbecco di Catanzaro, il Gom di Reggio – e due realtà di livello nazionale, il Regina Elena di Roma e il Monzino di Milano assieme all’Inmri, l’istituto nazionale per la standardizzazione delle misure.
«Una squadra importante» la definisce Giancarlo Fortino, responsabile scientifico del progetto di cui l’Unical è capofila. «L’obiettivo è sviluppare tecniche innovative e non invasive basate sulla radiomica e l'intelligenza artificiale per la diagnostica oncologica avanzata e implementarle su una rete federata che permetterà di garantire completamente la privacy dei pazienti».
Ma cos’è la radiomica? «Si tratta – spiega il docente dell’Università della Calabria – di una metodica che parte da immagini acquisite dal nostro corpo attraverso dispositivi quali tac, risonanza magnetica e pet ma anche altri dispositivi più avveniristici quali le microonde o la termografia. Sulla base delle immagini questa metodica che poggia anche, anzi ultimamente soprattutto, su algoritmi di intelligenza artificiale, ci permette di fare delle diagnosi molto più accurate e di farle in maniera automatizzata, cioè è il computer che formula la diagnosi. Chiaramente c’è sempre un supporto del medico».
Il risultato è una diagnosi che non solo è più precisa ma anche ottenuta in tempi molto più ristretti rispetto a quelli attuali. E questo ha conseguenze anche dal punto di vista della cura, permettendo di intraprendere terapie che, iniziando prima, possono ottenere una risposta migliore da parte dei pazienti e quindi avere una probabilità di riuscita più alta. Il progetto prende in considerazione tre tipi di tumori: al seno, ai polmoni e al cervello.
Le ricadute nel concreto sono già dietro la porta. «La radiomica è una realtà consolidata – chiarisce Fortino –, esistono già delle attrezzature in commercio. Il nostro è un percorso di ricerca che punta mettere a punto delle metodiche ancora più avanzate rispetto a quelle disponibili». Il valore aggiunto è la creazione della rete tra centri che inizialmente vedrà coinvolti solo i partner ma potrà poi interessare anche altre realtà a livello sia nazionale sia internazionale.
«Ci aspettiamo ovviamente ricadute significative sul suolo calabrese – rimarca il docente –. Questa metodica darà un contributo significativo alla nostra sanità, coinvolgendo prima gli ospedali maggiori per poi diventare, si spera, capillare a livello regionale. Ma non solo, perché la portata è molto più ampia. Radioamica è uno dei pochissimi progetti a livello europeo che si occupa della radiomica distribuita, che utilizza cioè un approccio denominato tecnicamente federated learning, apprendimento federato, che ci permette di mantenere i dati laddove vengono generati costruendo e condividendo dei modelli diagnostici avanzati».
«Per la sanità calabrese sarà un enorme passo avanti che le permetterà di allinearsi, di allinearci, con le principali realtà mediche nazionali ed internazionali», aggiunge Fortino.
Nei giorni scorsi, proprio all’Unical le realtà coinvolte si sono date appuntamento. C’erano gli esperti ma anche rappresentanti istituzionali e delle professioni coinvolte. «È stato il primo incontro fisico tra i rappresentanti delle realtà partner, finora c’eravamo incontrati solo online. Abbiamo lavorato insieme per definire lo stato del progetto e gli sviluppi futuri. In più – sottolinea il docente – abbiamo trasmesso questo messaggio: che anche partendo dalla Calabria si possono fare ricerche di impatto nazionale e internazionale».