Un decennio di emmoragie giovanili. In Calabria se ne sono andati 162mila ragazzi negli ultimi vent'anni. Andati via per non tornare più, se non durante le feste comandate. Sono i millennials, la generazione emigrata. In queste cinque interviste, daremo voce ad alcuni di loro rientrati per le feste.

La storia di Matteo Leta, ricercatore universitario giramondo

Matteo Leta ha 31 anni, è un ricercatore universitario di letteratura italiana. Allievo di Nuccio Ordine, ha ottenuto una borsa di ricerca (MSCA Cofund) biennale che coinvolge l'Università di Warwick e quella di Cergy. Dopo il dottorato in Francia, alla Sorbonne, ha avuto diverse esperienze di insegnamento e ricerca tra Italia ed estero, toccando città come Dublino, Berlino e Toronto. Ora è nel Regno Unito, a Coventry, ma non per molto ancora. «Da febbraio a luglio, credo, sarò in Francia per la seconda parte del dottorato», ci spiega. A Cosenza, Matteo ha fatto sia la triennale sia la magistrale: 110 e lode due volte in cinque anni, tempi rispettatissimi senza negarsi amicizie e passioni. «E il Cosenza. Soprattutto il Cosenza», ci dice sorridendo. E dopo?

Da Cosenza a Parigi... E ritorno?

«Per parlare di quello che è successo dopo – spiega sorridendo Matteo – bisogna dare un po' di contesto. La ricerca in ambito umanistico, almeno per la mia esperienza, è abbastanza precaria e può imporre tutta una serie di spostamenti». Spostamenti che Matteo ha attraversato. «Sono andato all'Istituto Italiano per gli Studi filosofici a Napoli, a Berlino in un centro di ricerca sulla storia della scienza (MPIWG, ndr), a Toronto al Dipartimento di Italianistica, l'anno scorso ero a Dublino e poi a Treviri per una borsa estiva e ora sono qui a Warwick». Ma non mancano i periodi di nulla. «Questa non è solo la mia storia, ma anche quella di gran parte delle persone che conosco». Un ambiente in cui la battaglia, purtroppo, è d'obbligo. «Un'amica una volta mi disse che sarebbe interessante fare un curriculum delle borse di ricerca o dei posti che non si vincono. Questo - continua Matteo Leta - ti fa capire che non è semplice avere del tempo più o meno breve, più o meno lungo, per fare quello che vorresti e sviluppare il tuo progetto di ricerca».

L'amore per il Cosenza e il ritorno a casa

Matteo Leta è tornato per Natale, ma pronto a ripartire. E tornerebbe mai a Cosenza? «Dipende: a fare il mio mestiere o qualcosa che mi piace? Sì, domani, volentieri, certo! Poi potrei vedere il Cosenza dal vivo, vuoi mettere?», dice ridendo. La passione per i Lupi lo tiene ancorato alla propria terra. «È un legame viscerale che aiuta a sentirsi ancora parte della tua città».
E un Natale lontano da Cosenza? «Non lo so, presumibilmente sì. Il me bambino ovviamente direbbe di no, perché c'erano delle tradizioni da rispettare. Il 24 sera andavo a giocare con mio padre e gli amici, poi si andava a casa e si faceva la cena con i parenti. Una giornata onestamente molto bella. Però sono fasi della vita che finiscono». Per tutti, evidentemente. Anche se non è giusto. E proprio per questo a Matteo è venuta un'idea. «Siamo abituati a pensare a quello che succede come un'emorragia, ma in fondo è qualcosa che si ripete: prima di noi sono partiti i nostri bisnonni e i nostri nonni». Da qui l'idea di «un podcast per raccontare le nostre storie e le mille vite di chi se ne va». Per dare voce a chi, spesso, non ne ha.