La vicenda dell’arresto del maestro Cosimo Andrea rappresenta il paradosso di una giustizia ormai schizofrenica, decontestualizzata dal tempo, dai luoghi e, incapace di leggere nelle storie degli uomini, tutto ciò, ovviamente, al netto delle responsabilità dei singoli e, fermo restando, la validità del principio che chi ha sbagliato debba pagare. Cosimo Papandrea si è costituito la mattina del 13 gennaio alla casa circondariale di Locri.

 

Deve scontare il residuo di una pena ormai diventata definitiva, la vicenda, almeno da quanto siamo riusciti a ricostruire non risale a 28 anni fa, ma bensì a 15 anni fa, allorquando il maestro Papandrea fu coinvolto in un’operazione coordinata dall’allora Pm Nicola Gratteri, denominata operazione Sant’Ambrogio, un traffico di stupefacenti individuato tra la Calabria e altre regioni d’Italia. Una vicenda giudiziaria travagliata, considerato che proprio Cosimo Papandrea, in primo grado, nel novembre del 2003, era stato assolto da tutti i reati e immediatamente scarcerato. Ma in Italia i processi non finiscono mai e, dunque, tra un’impugnazione e l’altra alla fine Papandrea, evidentemente, ha rimediato una condanna definitiva. Cosimo Papandrea ha certamente avuto un trascorso difficile e fatto di sbagli, un passato, tra l’altro, il maestro non aveva mai nascosto, ma oggi Papandrea è un’artista, un uomo profondamente cambiato. Intensa e amara la riflessione che stamattina il collega Antonio Tassone ha proposto sull’ Ecodellalocride.it, una riflessione che val la pena riproporre.

 

Scrive Tassone: “Prima di stamattina, in molti si dichiaravano amici del maestro Papandrea: politici, organizzatori di feste, componenti di associazioni cittadine, comitati, giornalisti , cronisti e anche colleghi musicisti. Nel periodo di massimo fulgore tutti si rivolgevano a lui quando bisognava avere la certezza di riempire le piazze del paese oppure per chiedere favori personali magari anche rispetto al prezzo del cachet artistico oppure per cercare di convincerlo ad esibirsi gratis o poterlo intervistare. E lui, per come lo conosciamo noi, non si è mai tirato indietro: è stato sempre accondiscendente proprio per cercare di mantenere i suoi buoni rapporti personali. Poi, stamattina, all’improvviso, per una vicenda che risale a circa 15 anni fa (e non 28) che lo stesso Papandrea non ha mai smentito, è trapelata la notizia dell’arresto per la conferma di una condanna per l’espiazione di una pena residua derivante da una sentenza divenuta ormai definitiva.”(…) “ Ci sono voluti ben 15 anni per chiudere questo procedimento che lo riguardava. Orbene, tra pochi mesi Cosimo Papandrea sarà di nuovo fuori dal carcere, avrà mille motivi per poter essere risentito contro tutti quelli che senza nessuna pietà lo hanno buttato nel “tritacarne mediatico”. La risalita sarà lunga e tortuosa ma siamo sicuri che Cosimo Papandrea riuscirà a riprendere il suo feeling con il pubblico. Auspichiamo, però, che la giustizia italiana possa essere altrettanto giusta e puntuale anche con i “pesci grossi” e non solo con i suonatori d’organetto”.

 

Parole amare che rilanciano anche il problema della Giustizia italiana, nel quale il diritto è sempre più massacrato dal circo mediatico, dallo scandalismo giudiziario, dalla lunghezza dei processi e dalla lunga e interminabile sfilza di errori giudiziari, nei quali vite, dignità personali vengono ingoiate e divorate dalla libidine della gogna mediatica a portata di click. Possibile che un uomo profondamento cambiato, un artista, dopo 15 anni dai presunti fatti non possa essere messo nelle condizioni di scontare questo residuo di pena in maniera alternativa? Si chiede un altro collega, Pino Carella di Telemia, ricordando un’intervista nella quale il maestro Cosimo affermava: “Ho sbagliato e sapevo di sbagliare, ma adesso la mia vita è cambiata, ho incontrato la mia passione, la musica “. Dunque –si chiede sempre Carella- perché distruggere un uomo con una nuova carcerazione? Possibile che non c’era un’altra misura, come per esempio i servizi sociali per i quali Cosimo si è spesso speso, vedi i vari concerti di beneficenza fatti in giro per la Calabria. La macelleria mediatica è già partita, spero che qualcuno si ricordi che Cosimo non è il mostro da schiaffare in prima pagina, le piazze di Calabria e non solo, sono testimoni di ciò”. Domande e interrogativi che ci poniamo anche noi, abbiamo notizia, infatti, di un Cosimo Papandrea estremamente provato da questa ulteriore prova, forse inaspettata, ci auguriamo che egli sappia superarla e ci auguriamo altresì che la giustizia lo restituisca al più presto alle piazze della nostra regione al servizio della musica e della cultura della nostra terra.


Pasquale Motta