«Partecipo a entrambe le funzioni e canto nella chiesa cattolica della Madonna Loreto e in quella ortodossa di San Paolo dei Greci di Reggio Calabria, nella quale si alternano la lingua greca, rumena slovena, ucraina, georgiana poiché tante comunità confluiscono e convivono in pace». È orgogliosa Liliya, cittadina italiana di origine ucraina a Reggio da vent’anni, della sua identità culturale composita che attinge dal paese natìo, l’Ucraina ancora sovietica, e dalla Calabria dove si è sposata, dove sono nati i suoi figli e dove ormai vive e da sempre celebra la Pasqua e ogni altro appuntamento religioso in entrambi i riti, quella cattolico e quello ortodosso. Festeggia, dunque, sempre due volte ma quella di quest’anno è una Pasqua diversa in cui si acuisce l’angoscia per i familiari lontani in un paese, che è anche il suo paese, in guerra.

La fede che sorregge nell'angoscia

«Sono nata nella regione di Sumy, Akhtyrka (nome russo di Okhtyrka), città di resistenza vicino Kharkiv e Zhytomyr. Lì c’è mio padre, ci sono mia zia e i miei cugini. Mio padre si è nascosto in un sotterraneo per ripararsi dai bombardamenti. La Fede ci sostiene davvero tanto. Non si potrebbero altrimenti sopportare le notizie che si sentono, l’ansia e la preoccupazione per i familiari lontani. Preziosa è per noi anche la vicinanza della comunità russa che ci sta dando una grande mano nella raccolta e nella predisposizione dei convogli di aiuti umanitari da inviare in Ucraina. Siamo fratelli e sorelle nell’anima e questa guerra non ha ragioni etniche alla sua origine. La lingua russa si parla ovunque in Ucraina, perché fa parte della sua storia, come della mia che sono nata nell’Ucraina ancora sovietica. Non avevo neppure quindici anni quando l’Urss si è dissolta. Dunque motivo vero del conflitto non è la divisione tra gli ucraini. Qualche anno fa sono stata con mio marito a Leopoli, una della città più occidentali dove si parla ucraino, certamente, ma si parla anche russo. Ci sono due anime nel mio paese ma non sono contrapposte con l’intensità che spesso viene rappresentata», spiega Lilyia.

La musica che costruisce speranza

La solidarietà e anche l’arte, dunque, possono restituire la verità e la profondità di una storia, possono favorire l’incontro e avvicinare le persone e i popoli. Così Liliya Byelyera, da musicista, cantante e direttrice della Banda della città metropolitana di Reggio Calabria istituita dalla Reale Accademia Filarmonica di Gerace presieduta dal marito Giacomo Oliva, con la storica uniforme del Regno delle Due Sicilie, crede nella cultura e della memoria come nutrimenti essenziali delle comunità e confida anche molto nella musica e nella danza, come antidoti all’odio e costruttori di armonia e condivisione.

La sua formazione è particolarmente rappresentativa di questa identità culturale ricca e complessa posta al servizio del dialogo e della convivenza pacifica tra i popoli. Diplomatasi in direzione d’orchestra tradizionale russa e ucraina presso l’Istituto Superiore Statale di Musica Dmitry Bortnyanskyy di Sumy, dal 1996 al 2002 ha diretto il coro liturgico del Patriarcato Ortodosso Ucraino di Kiev e ha insegnato fisarmonica cromatica, pianoforte, chitarra. Dal 2002 in Italia, in Calabria, ha diretto il coro liturgico della chiesa Santuario Panitalico di san Giovanni Crisostomo in Gerace del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, il Coro della Cattedrale di Gerace e formato e il Coro Polifonico Oikumene. Socia dell’associazione Nazionale delle Bande Italiane Musicali Autonome (Anbima), ha tenuto concerti come solista e in formazione in molte città italiane, ottenendo diversi riconoscimenti.

Il bene che ciascuno può fare

«L’odio crea la guerra, la guerra genera dolore e dal dolore nasce ancora odio. Bisogna spezzare questa spirale di morte e sofferenza con il bene che ciascuno a modo suo può fare. Noi lo facciamo con la musica. Anche in questo momento, con concerti già eseguiti e altri in programma, cerchiamo di ricucire questa ferita e di creare la pace tra i nostri popoli», ha concluso Liliya Byelyera.