Una colomba che consegna i vaccini: è questa l'immagine estremamente significativa apparsa sui muri del ministero della Salute. Una Pasqua che ci vede ancora distanti per il secondo anno consecutivo, che piange ancora tante, troppe, vittime del Covid, ma che vede finalmente la luce in fondo al tunnel
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Ci sono immagini che resteranno per sempre impresse. Ci sono sensazioni, emozioni, paure scolpite nella memoria di una generazione.
«Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari». Impauriti, smarriti e fragili. Sono le parole di papa Francesco che esattamente un anno fa in una piazza San Pietro deserta pregava per la fine della pandemia. Era solo Papa Francesco. Sembrava incarnare la sofferenza di quanti hanno ceduto ai colpi di una battaglia che non conosceva ancora armi efficaci per combatterla, il dolore e le lacrime di chi è stato costretto a seppellire i propri cari senza neppure il conforto di un ultimo saluto, di una carezza, di un abbraccio, del calore di una figlia, di un padre.
Il Covid è già inchiostro indelebile sulle pagine di libri di storia scritti con il dolore di chi ha perso i propri cari, con gli occhi lucidi di medici e infermieri quasi sempre unico e solo conforto di pazienti che si trovano a combattere nella solitudine più lacerante in ospedali blindati anche all'amore di famiglie e affetti.
I colori dell’arcobaleno che ravvivavano i nostri balconi sono sbiaditi. Non si canta più, #andràtuttobene è uno slogan dimenticato.
Dodici mesi hanno spezzato vite, hanno spento sorrisi, hanno alimentato rabbia e sfiducia. Sfiducia nelle istituzioni, le stesse che hanno chiuso saracinesche e spento insegne, le stesse che avrebbero dovuto essere il porto sicuro per quanti hanno visto la propria vita risucchiata nel vortice di una pandemia che se non uccide negli ospedali condanna a una lenta agonia perché «se non si muore di Covid, si muore di fame». Le stesse che ora hanno in mano la gestione dell'unico vero antidoto per sperare, finalmente, nel ritorno alla vita.
Un anno fa a Bergamo una fila interminabile di camion militari portava fuori regione le salme di quanti per primi sono stati vinti dal virus che il camposanto bergamasco non riusciva più a gestire per il numero troppo elevato.
Un anno dopo la speranza si è accesa a bordo di quegli stessi mezzi militari che per primi hanno trasportato in tutta Italia i vaccini. La speranza è il sentimento che meglio potrebbe sintetizzare il significato più profondo di questa Pasqua, che ci vede ancora distanti, che ci costringe ancora a sacrifici e rinunce ma che sembra mostrarci la luce in fondo al tunnel.
La speranza rappresentata anche sui muri del ministero della Salute dove ieri è comparso un disegno dell'artista Harry Greb: una colomba che porta dei vaccini e sul corpo ha un portellone d'aereo aperto, con due flaconi di siero-Covid che scendono con un paracadute. «Quest'anno - ha detto Greb - più che mai credo che la Pasqua debba incarnare la speranza di una 'pioggia' di vaccini che arrivano direttamente dalla colomba, simbolo pasquale. Nessuna polemica, stanno lavorando tutti ma ora è il momento del cambio di marcia, la Pasqua come spartiacque, 'Hope Easter'».