Calabria: «Terra abbondante d'ogni bene, terra antica, potente in armi e feconda, gli Enotri la coltivarono, ora è fama che i posteri la chiamarono Italia, dal nome del loro signore. Terra accarezzata dal sole e dalla neve, di contrasti, di immense risorse, di montagne e dirupi che si tuffano nel mare e rendono tutto più difficile. Viva, bellissima, complessa, affascinante, ricca di storia. Terra, un tempo chiamata Enotria ‘Terra del Vino’», Publio Virgilio Marone (Antes 70 a.C. - Brindisi 19 a.C.).

Un esempio di tenacia e lungimiranza quella di Emanuele De Simone, giovane vitivinicoltore che oltre ad aver investito sull’azienda Immacolata Pedace, ed aver dato vita al vigneto più alto d’Europa, ha compreso che le peculiarità dei nostri prodotti tipici calabresi, oltre ad essere un ottimo test per la degustazione dei vini della cantina, possono anche essere un’attrazione di richiamo turistico enogastronomico. Quella carta vincente in più che la Calabria può giocare

I tour organizzati nel vigneto

«Dal progetto nato con la vigna, solo nel mese di agosto arriviamo ad oltre 4.000 visite togliendo i mesi invernali e quelli primaverili o estivi legati anche a giugno e luglio. La posizione geografica dei vigneti, proprio per la conformazione e per l'altitudine in cui si trovano e per dove sono stati piantati sono diventati un punto di attrazione per turisti esteri ed italiani. Catturando quella parte del turismo enogastronomico interessato non solo ai vini ma anche alle bontà dei prodotti della nostra terra». Difatti, la cantina di De Simone organizza tour all'interno dei vigneti, a piedi o in auto. A rendere magiche queste coltivazioni i pini secolari posizionati su pendenze molto scoscese. Il tour finisce con un'onirica finestra sul lago Cecita, che si apre sulla Riserva Naturale di Gallopane e Cupone, dove si trova la Viticoltura Eroica del vigneto più alto d'Europa. 

Finito il giro per gli incantati luoghi silani, si rientra in cantina per la degustazione gratuita dei quattro vini. Ma proprio in funzione di un maggiore turismo enogastronomico per fine maggio primi di giugno verrà aperto all'interno della stessa anche un punto vendita/museo. 

Difatti la degustazione dei vini si basa attualmente su due scelte, o la semplice degustazione dei quattro vini, oppure su richiesta la degustazione dei vini con dei prodotti tipici come taglieri di salumi, affettati e formaggi locali. Con l'apertura del punto vendita oltre alla degustazione dei vini con i taglieri ci sarà una novità particolarmente allettante per i turisti, che si chiamerà “picnic”

Cioè, su richiesta il turista arriverà al punto vendita, prenderà il cestino con i prodotti tipici ed i vini scelti e attrezzato di tovaglia e tutto il necessario, si muoverà per un picnic da degustare in una delle splendide location immerse tra laghi e pini o all'interno dei vigneti stessi. Richiamando un turismo responsabile questa splendida “visione” di De Simone, il Don Chisciotte della Sila, sarà realizzata da questo giugno prossimo.

L'idea e la realizzazione del progetto

Una splendida realtà nata da una proiezione visionaria del giovane ingegnere calabrese Emanuele J. De Simone. Che nata per gioco ha poi preso forma e nel giro di 17 anni circa ha dato vita a qualcosa che molti definivano impossibile, una follia visionaria che ad oggi conta 2 ettari e mezzo di vigneto sull'incantevole altopiano silano, nel cuore del Parco Nazionale della Sila e che ne fa il primo vigneto più alto d’Europa. 

Un vigneto che d’inverno arriva a meno 25 gradi e d’estate può superare i 30 durante la giornata fino ad un’escursione termica notturna di 3. Una realtà su cui pochi avrebbero puntato. Senza tralasciare la magia data dalla cornice di queste vigne che si trovano poco sopra il lago Cecita, circondate da un manto sempre verde di maestosi pini e larici dove l'aria è la più pura d'Europa.

Emanuele è uno di quei ragazzi, baluardo di calabresità, che invece di andare a studiare fuori è rimasto a Cosenza a studiare ingegneria. Alla domanda su come fosse nata questa realtà visionaria Emanuele De Simone risponde: «Un'idea nata dal nulla, nata proprio per gioco». Il giovane ingegnere ricorda che quando ha iniziato a piantare questi Vigneti, lui faceva ancora le superiori al geometra. Nel 2006 quando lui aveva ancora 16 anni con la famiglia acquistarono un piccolo appezzamento di terreno di circa 5000 metri quadri. Da lì nacquero i soliti quesiti su cosa si sarebbe potuto fare e come si sarebbero potuti sfruttare i terreni. 

Così un po’ per golosità, perché Emanuele ammette di essere ghiotto di uva e soprattutto del mosto cotto, da buon calabrese trovò subito la collocazione esatta per l'acquisto di quel terreno. «A me piace l'uva, sai che c'è di nuovo? Ci pianto viti – continua divertito nel racconto -. Fatto sta che quando uscì con questa idea tutti mi presero per matto, perché mi trovavo in Sila e mi trovavo a 1.360 metri di altitudine» così si sentì dare del visionario, poiché a quelle altitudini, con temperature molto basse, con neve in determinati periodi dell'anno, per le persone che avevano appreso della ‘follia visionaria’ di Emanuele nulla sarebbe andato in porto. 

Si sentì ripetere che sulla Sila le viti non avrebbero resistito. Ma da buon calabrese ‘testa dura’ decise di provarci ugualmente. Così prima di lanciarsi nell'effettiva avventura decise di fare delle ricerche su internet trovando tra le varie ricerche l’allora Vigneto più alto d'Europa che si trova in Val d'Aosta a Morgex, dove si trovano gli antichi muri del famoso Prié Blanc risalenti al 1856. L'altitudine di questi Vigneti era ed è a 1.150 metri, così De Simone si disse «Ma se là attecchisce perché qui non dovrebbe attecchire anche se ci troviamo con un dislivello di 210 metri di altitudine?». 

Convintosi Dunque della fattibilità di ciò che si preparava a creare, iniziò ad approfondire l’argomento sui libri di vitivinicoltura, trascorrendo l'età adolescenziale delle superiori su questi libri per poi passare all'Università di ingegneria di Cosenza, che a suo dire non si legava con quelle che erano le sue prospettive future. Così presosi di coraggio chiese l'autorizzazione alla Regione Calabria per poter piantare le prime viti e creare questo prototipo di vigneto tra le alture Silane. Autorizzazione che fu concessa nel 2008 e che definì il progetto di Emanuele campo sperimentale, vista la collocazione non usuale del vigneto. Dalla regione furono inviate 500 barbatelle tutte di uve differenti, passando ad oggi ad oltre 12mila piante per 2 ettari e mezzo di Vigneti. «Ho deciso di piantare 500 piante di tutte le varietà possibili tra internazionale e autoctone, proprio perché non sapevo a questa altitudine quale di queste piante riuscisse a vegetare e ad attecchire».

«Ricordo benissimo che quando finì di piantarle tutte, mi sentì dire da tutti coloro che mi conoscevano… Sei pazzo, hai i soldi da buttare, tanto queste piante non attecchiranno mai con questo freddo». Ma molti non avevano messo in conto la passione e lo studio che Emanuele aveva investito. «Fatto sta - continua Emanuele - che a primavera le piante sono fiorite, ma pur di continuare a darmi contro mi dicevano… sì saranno pure fiorite ma non daranno mai il frutto». Così preso dall'entusiasmo di un giovane “visionario” Emanuele continuava a rispondere: «Va bene, magari avrete ragione voi, però per saperlo tocca aspettare almeno 2/3 anni per iniziare a vederne i frutti». 

Il sogno visionario di Emanuele ha così iniziato a prendere forma e dopo questi anni di attesa le viti hanno dato i loro frutti e l'uva è stata raccolta, ma anche qui tutti i “San Tommaso” della situazione continuavano a sostenere che il vino che sarebbe stato prodotto da quell’uva non sarebbe stato buono. La storia era sempre la stessa, poiché essendo molto freddo l'uva non sarebbe maturata e il vino non avrebbe dato buoni risultati. E con il sorriso sulle labbra dice: «Ho fatto la prima vendemmia, ho raccolto l'uva, ho fatto il vino e anche il famoso mosto cotto che a me piace oltremodo». 

Il vino prodotto

A quanto raccontato da questo giovane imprenditore, questo vino sin da subito ha mostrato le sue qualità, presentandosi al palato molto aromatico e fruttato, dal gusto pieno e persistente. Così avendo riscontri positivi, dopo aver fatto degustare il frutto di tanto sudore in lungo e in largo, la “follia” era compiuta. Essendo questi vini diversi dagli altri e avendo dimostrato che a quell'altitudine era possibile coltivare il vigneto raccogliendo ottima uva, il giovane ingegnere ha deciso di investire in una vera azienda vitivinicola. Il tutto creando una Cantina, inserendo 3 agronomi e un enologo e, con grande soddisfazione, sottolinea come «questo è il secondo anno che partecipiamo al concorso mondiale dei vini estremi che si tiene in Valle d'Aosta e al quale partecipano tutte le Aziende vitivinicole mondiali del settore. Per il secondo anno di seguito siamo risultati tra i migliori vini al mondo. L'anno scorso con il rosato Anthea e questo anno con il bianco Chione». 

Insomma, bisogna essere degli eroi visionari, innamorati della propria terra, per restare e non gettare la spugna. E come diceva Publio Ovidio Nasone nel 43 a.C.: «Senza difficoltà non c'è nulla che abbia valore».