Continua a salire il numero dei distretti agroalimentari dove le condizioni di lavoro sono ai limiti della schiavitù e dove i lavoratori, soprattutto braccianti agricoli e operai impiegati negli allevamenti, subiscono forme di grave sfruttamento.

 

E’ quanto emerso dal  terzo rapporto "Agromafie e caporalato" realizzato dall'Osservatorio Placido Rizzotto - Flai Cgil che illustra, in tutta la sua interezza, le condizioni dei lavoratori in agricoltura, delle variegate forme di illegalità e infiltrazione mafiosa nell'intera filiera agroalimentare.

 

Nel 2015 censiti 143 distretti agroalimentari. Le province dove si annida il fenomeno del caporalato sono circa 48 e sono numericamente pressoché simili tra le diverse macro-aree, Nord, Centro, Sud e Isole. Mentre i distretti risultano maggioritari nel Meridione rispetto al Centro e al Nord.

 

In Calabria, nello specifico, i poli agricolo-alimentari sono diversi. Così, mentre al nord si evidenza l'area che da Castrovillari/Cassano Jonio arriva fino a Corigliano/Schiavonea (sul versante jonico) e Rossano;Crotone è interessato dalla presenza di lavoratori stranieri nel Comune e nell'alto Crotonese.

 

Al centro, invece, si registrano i poli agricoli jonici e tirrenici nonché Madia e Sersale sulle colline appenniniche e Vibo Valentia. In direzione Sud si evidenzia la Piana di Gioia Tauro con tutta la sua costellazione di comuni e il Basso Reggino jonico (con la Locride in particolare).

 

 

Non vanno meglio neanche le limitrofe regioni. In Puglia continua a imperversare il fenomeno, specie nella provincia di Foggia. In Basilicata i poli agricoli maggiori sono quelli del Vulture - Alto Malfese e Bradano (nel Potentino, sul versante orientale confinante con la Puglia) e quello metapontino (a ridosso della costa materana sullo Jonio). Quindi la Sicilia, caratterizzata da tre poli principali ubicati nella parte sudorientale, cioè nella provincia di Catania, di Siracusa e di Ragusa. (Il Dispaccio)