Utilissimi alla didattica secondo l'Unicef, nella nostra regione sono ancora poco diffusi: solo uno dei 5 capoluoghi di provincia si avvicina alla media nazionale. L'educatrice: «Importantissimi nei primi anni di vita, aiutano a sviluppare autonomia e libertà»
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Asili nido e centri di aggregazione, mense scolastiche e tempo pieno, trasporti e palestre: il divario tra le diverse aree del Paese si sostanzia anche nelle differenze dell’offerta educativa. Un quadro di luci e ombre nel quale si inserisce un altro aspetto meno tenuto in considerazione ma ugualmente importante: gli spazi verdi a disposizione di bambini e ragazzi. Parliamo di giardini scolastici. «La letteratura internazionale e le linee guida esistenti in materia indicano chiaramente come il verde in ambito scolastico abbia una funzione sociale ed educativa che va molto oltre quella puramente estetica», si legge nel report di Openpolis dedicato all’argomento e diffuso nei giorni scorsi. L’occhio della fondazione, in partenariato con l’impresa sociale “Con i bambini”, periodicamente mette a fuoco i diversi tasselli che vanno a comporre e arricchire costantemente il mosaico della povertà educativa in Italia.
Secondo lo studio il verde è ampiamente sottoutilizzato in ambito scolastico e ciò avviene soprattutto nelle città del Sud. Eppure l’importanza di spazi aperti è evidenziata anche nelle linee guida stilate dal gruppo di lavoro nominato dal ministero dell’Istruzione, dove si legge: «L’ambiente esterno è il luogo di elezione per fare esperienza non solo legata al contesto naturale (il contatto con la terra, l’osservazione dei fenomeni meteo, la coltivazione), ma anche come prolungamento degli ambienti interni. Spazi all’aperto dovrebbero essere facilmente accessibili dalle aule, ma anche da laboratori, biblioteche, spazi comuni e di ristorazione, in una sorta di continuità d’uso che ne faciliti l’appropriazione».
Anche l’Unicef, nel 2022, in un suo documento ha sottolineato come i cortili scolastici siano il luogo ideale per fare educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile ma anche per arricchire la didattica.
La media nazionale, riporta Openpolis, è di 7,9 metri quadri di giardini scolastici per minore nei capoluoghi di provincia. Media che viene superata nelle città settentrionali, con 10,6 metri quadri. Sotto la media, invece, il Centro (6,7 metri quadri) e, ancora più in basso, il Sud con 5,3 metri quadri.
In Calabria, tra i cinque capoluoghi di provincia spicca Vibo Valentia, dove la media si avvicina a quella nazionale: 7,1 metri quadri per minore, ossia 37.537 su una popolazione di 5.266 persone di età inferiore ai 18 anni (dato 2021). Segue, ma con un certo distacco, Cosenza, che raggiunge i 3,7 metri quadri per minore (35.800 su 9.668). Poco più giù troviamo Crotone, con una media di 3,3 metri quadri (35mila su 10.656), subito dopo Catanzaro con 2,6 metri quadri (35mila su 13.367) e infine, al gradino più basso, Reggio Calabria con 1,6 metri quadri (45mila su 27.993).
Un’esperienza, dunque, che deve ancora farsi strada, anche se gli esempi non mancano. A fare questa scelta diverse realtà, soprattutto dedicate all’infanzia, sorte negli ultimi anni, che all’offerta di spazi verdi accompagnano un diverso approccio alla didattica.
Un’esperienza alle porte di Cosenza
Zaira Occhiuto è una giovane educatrice che nel 2020 ha intrapreso questo percorso con Tanaliberatutti, un posto colorato alle porte di Cosenza, nel comune di Castrolibero, dove i bambini svolgono per la gran parte dell’anno (fin quando il tempo lo permette) attività all’aperto. “Tana” segue l’ideologia delle scuole libertarie. «Il nostro metodo non prevede la divisione in classi – spiega – bensì tutti gli ambienti sono comuni e funzionali alle esigenze delle diverse fasce di età presenti, disponendo gli strumenti in modo tale che ogni fascia abbia accesso a quelli che gli sono più congeniali per abilità e competenze raggiunte. Ciò non toglie che per ogni fascia siano previste delle attività strutturate ed esclusive». L’altra prerogativa di questo metodo sono proprio le attività all’esterno: «Abbiamo uno spazio didattico all’aperto fruibile tutto l’anno e programmiamo anche uscite urbane ed extraurbane con esperienze soprattutto in ambito naturalistico».
Non solo banchi, dunque. E questo è un tassello fondamentale del “sistema integrato”: «I bambini partecipano attivamente alla routine dell’asilo, a cominciare dalla somministrazione dei pasti fino al riordino degli spazi. Ma la vera ricchezza di questo approccio è lo scambio tra fasce, ossia l’aiuto e il supporto che i più grandi danno ai piccoli e la lezione che a sua volta arriva da questi ultimi: l’educazione al rispetto e alla dolcezza».
L’obiettivo è quello di sviluppare l’autonomia dei bimbi: «Sono loro stessi in un momento assembleare a definire le attività del giorno in base alla loro predisposizione del momento», racconta l’educatrice. E le attività all’aperto fanno la loro parte: «Relazionarsi con lo spazio e in maniera autonoma è importantissimo, soprattutto nei primi anni di vita. Questo aiuta a prendere confidenza con il proprio corpo, a gestirlo e ad affinare la motilità oltre che la gestione delle emozioni e delle relazioni con l'altro. Per quanto possa sembrare strano, è molto più sicuro – oltre che interessante – uno spazio aperto in questa fase dello sviluppo piuttosto che una stanza chiusa. Il nostro consiglio ai genitori è di far trascorrere ai propri figli del tempo all’esterno anche fuori dall’orario educativo, con lo scopo di offrirgli stimoli naturali funzionali a una crescita sana».
Ma una volta a scuola, i piccoli studenti riusciranno a stare nei banchi? «Questa è una delle obiezioni più comunemente riscontrate – afferma Zaira Occhiuto –. Acquisire spazi di autonomia e libertà aiuta anche a gestire con consapevolezza i momenti in cui dal gioco si passa all'apprendimento. Nessuno dei bambini uscito dalla nostra comunità ha incontrato difficoltà nell'inserimento scolastico».