È l’uomo di Stato cui si deve la cattura del sanguinario boss dei casalesi Michele Zagaria e di migliaia di affiliati alla camorra. Sulla sua testa pende una condanna a morte dei clan campani che lo costringe a vivere da anni sotto scorta. Il magistrato Catello Maresca non rinuncia però alla sua opera di divulgazione della cultura dell’antimafia: un percorso che l’ha portato a San Nicola da Crissa, nel Vibonese, per incontrare i ragazzi delle scuole

“Lo stato vince sempre… lo so”, è la frase che il superboss dei Casalesi Michele Zagaria rivolse al magistrato Catello Maresca quando, il 7 dicembre 2011, venne scovato all’interno di un bunker, a Casapesenna, in provincia di Caserta, e catturato dopo ben 16 anni di latitanza.

Quella frase è oggi divenuta il titolo di un libro in cui lo stesso Maresca racconta le fasi cruciali di quell’indagine. Partendo però dalla sua storia personale, dalla vocazione per la magistratura, fino alle operazioni che hanno portato all’arresto e poi alla condanna di migliaia di camorristi. Quegli stessi clan che gli hanno giurato vendetta, costringendolo, da anni, a vivere sotto scorta. Il suo libro assume quindi anche una valenza pedagogica, inserendosi nel percorso di sensibilizzazione ai temi della legalità che il magistrato napoletano porta avanti nelle scuole.

Come ha fatto a San Nicola da Crissa, nel Vibonese, davanti a decine di ragazzi del locale istituto comprensivo, in un’iniziativa promossa dall’Amministrazione comunale di concerto con la scuola. Cui hanno preso parte il sindaco del piccolo centro delle Preserre, Giuseppe Condello, la dirigente scolastica dell’Ic di Vallelonga, Antonella Cerra, accompagnata dalla referente legalità e bullismo, Maria Condello, e il dottorando di ricerca in studi sulla criminalità organizzata Raffaele Pileggi. A coordinare la presentazione, il caporedattore di LaC News24, Stefano Mandarano.

Per il sindaco Condello l’incontro con il magistrato ha rappresentato «una tappa importante nel quadro di una serie di iniziative sulla legalità quale elemento essenziale di cultura ed educazione per i ragazzi. Da qui - ha ricordato il primo cittadino - sono passati Nicola Gratteri (per due volte), don Aniello Manganiello, il generale Pellegrini, don Antonio Coluccia. È un aspetto che attenzioniamo particolarmente, perché far toccare con mano ai ragazzi questo tipo di problematica è fondamentale per far capire loro che questi fenomeni si combattono attraverso la cultura e lo studio. Una comunità che ha un certo livello educativo rifugge il malaffare e questo è a mio avviso l’unico modo di fare prevenzione. Gli altri metodi sono repressivi e io non li condivido» ha concluso Condello.

Anche per la dirigente Antonella Cerra: «è molto importante che i ragazzi ascoltino una testimonianza diretta per apprendere. Non lo si fa solo sui libri di scuola o navigando su internet ma anche ascoltando la voce di chi ha dedicato la sua vita a sconfiggere questo cancro della società: credo sia la cosa più efficace per far comprendere la pericolosità del fenomeno. Essere corretti nei confronti delle altre persone, capire che la moneta che paga di più non è quella della sopraffazione e della violenza, come potrebbe apparire, ma quella del rispetto delle regole: mi piacerebbe passasse questo messaggio».

Per Maresca, giunto in Calabria appositamente per l’incontro, un’occasione imperdibile di confronto con le giovani generazioni. «Credo che questa sia la strada giusta, peraltro già tracciata da Falcone e Borsellino - ha detto -, per spostare l’interesse sul fronte dell’istruzione, della cultura e della formazione, nei confronti dei ragazzi più piccoli, in modo che quando arriverà il momento di fare una scelta che può cambiare la vita, di scegliere da che parte stare, possano avere ulteriori elementi di valutazione. Ma è anche un modo per affrontare la grande piaga dell’indifferenza: stare nel mezzo, non prendere posizione, è un atteggiamento altrettanto negativo quanto scegliere la via del male» ha detto.

Nel suo appassionato intervento Maresca ha toccato corde profonde, rivolgendosi direttamente ai ragazzi e raccontando esperienze di vita personali che hanno segnato il suo percorso umano e professionale, ma anche ponendo esempi concreti delle scelte che ciascuno è chiamato a compiere quotidianamente: da quelle più banali a quelle più impegnative, tutte però decisive per scegliere da che parte stare.

Da parte loro i ragazzi lo hanno ripagato con attenzione e curiosità, ponendo domande sui rischi del mestiere, sui momenti difficili attraversati nel corso della sua attività, sulla paura di essere uccisi, donandogli infine una lettera colma di ammirazione e gratitudine. In un passaggio della lettera si legge: «le sue parole ci hanno fatto riflettere sull’importanza della legalità e del coraggio nel perseguire la giustizia. Abbiamo capito che anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza, rispettando le regole e impegnandoci per un futuro migliore. Siamo lieti di poter contare su persone come lei che combattono la mafia con coraggio e determinazione». Un piccolo seme è stato gettato…