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La crisi della stampa cartacea provoca anche una preoccupante chiusura delle edicole, ossia di quei luoghi di ‘culto laico’ che, specialmente in Calabria, sia nei piccoli centri che nelle città, svolgono un vero e proprio servizio culturale a favore della collettività”.
Lo denuncia il consigliere regionale Giuseppe Giordano, secondo cui “le chiusure, a ritmo incalzante, di numerose edicole, non solo nei piccoli centri ma anche nelle città e nelle zone più centrali delle nostre città, dimostra, da una parte, un’insopportabile indifferenza verso luoghi che, nel tempo, hanno svolto una funzione sociale preziosa e, dall’altra, impone l’urgenza di reagire con forte determinazione”.
“Personalmente, ho già siglato la proposta di legge che ha come primo firmatario il collega Damiano Guagliardi, ma credo che - puntualizza Giordano - dinanzi ai dati allarmanti che coinvolgono migliaia di famiglie calabresi occorrano provvedimenti decisamente più incisivi”.
“In Italia, per una serie di ragioni, sono state costrette a chiudere in un paio d’anni 15mila edicole; in Calabria i dati sono più neri e il quadro che vede molti edicolanti guadagnare meno di 500 euro netti al mese, ci deve indurre a non lasciar morire un settore che, una volta stroncato, provocherà un impoverimento generale”.
Ancora Giordano: “Sono d’accordo con la proposta legislativa - che spero possa essere approvata rapidamente - secondo cui occorre intervenire per autorizzare i titolari di un punto vendita esclusivo allo svolgimento di un'attività di vendita secondaria, come già prevista dalla maggior parte delle altre regioni, ma è urgente agire, assieme al sindacato di categoria ed al mondo associazionistico in generale, per affrontare i nodi strutturali che nella filiera stampa-editoria- punti vendita, vede le edicole come il punto più fragile su cui si scaricano le contraddizioni di un sistema che mentre ha puntato sulla liberalizzazione come panacea di tutti i mali, oggi, di fatto - conclude Giordano - si ritrova a fare i conti con un vero e proprio fenomeno di concentrazione delle vendite che, a conti fatti, non solo non ha ampliato i luoghi dell’offerta, ma ha sostanzialmente privato di un servizio indispensabile le popolazioni”.