di Ugo Adamo, Silvio Gambino e Fernando Puzzo* 

È l'assuefazione ai diritti uno dei più grandi pericoli delle democrazie costituzionali. A essi ci si abitua: o li si dà per scontati o li si trasforma perfino in ciò che non sono. Con il richiamo - a sproposito - alle discriminazioni, si parla di libertà senza sapere cosa essa sia e cosa davvero significhi. Ovvero si parla di diritti legali e costituzionali senza sapere cosa siano i primi e cosa i secondi. O ancora, in modo più criticabile e discutibile, si fa riferimento perfino a momenti storici dittatoriali; ed è difficile non vedere malafede o addirittura disonestà intellettuale in chi utilizza dei riferimenti storici non solo azzardati ma assolutamente fuori luogo.

Perché alcuni - non certo la maggioranza - si stracciano le vesti mentre invocano la libertà, la democrazia, la Costituzione, per il solo fatto di ‘dover’ fare dei vaccini (scientificamente approvati) o ‘dover’ adottare semplicissime misure precauzionali che tutti (la comunità medico-scientifica alla quasi unanimità) reputano come idonee a ridurre il rischio di contagiare sé stessi e gli altri e in grado di salvare vite umane?

Cosa rispondere a coloro, anche commentatori e professori autorevoli (e non), che di fatto giungono a sposare teorie complottistiche? Li si può tranquillizzare sul fatto che, a oggi, la Costituzione non è stata né violata né stravolta. Anzi, si può persino affermare che sia giunto il momento di procedere con l’obbligatorietà del vaccino anti Sars-Cov-2.

Iniziamo con il dire che chi è contro il green pass lo è per le limitazioni che la mancanza di esso generano e che, quindi, la certificazione verde COVID-19 serve non già a costringere la gente a vaccinarsi, ma a evitare che si generino situazioni in cui persone che non sono immunizzate (per scelta o per necessità) possano venire infettate, ammalarsi, morire, o anche solo occupare posti in ospedale con la conseguenza di posticipare sine die la cura di patologie acute e/o cronicizzate per altri malati, generare, come un moto ricorsivo, l’insorgere di nuove varianti patogene, così come far recedere l’economia di un Paese, etc.

Per la scienza e per il Legislatore, la cui discrezionalità politica conosce dei limiti, quindi, a oggi (allo stato attuale della ricerca scientifica ma in continua evoluzione in termini di definizione del quadro di riferimento per la comunità scientifica alla ricerca affannosa di soluzioni) l’uso del green pass è il metodo più efficace per scongiurare il diffondersi inarrestabile del virus patogeno.

Il green pass non è allora un limite ai diritti, ma uno strumento che permette di poter esercitare la maggior parte dei diritti in sicurezza o, almeno, in una situazione di maggiore protezione. È vero (lo dice la scienza) che il vaccino non è in grado di eliminare del tutto il contagio, ma lo limita fortemente e diminuisce (anche in questo caso in modo deciso) il rischio di malattia grave, di ospedalizzazione e di decesso. La constatazione scientifica di questi due dati rende (più che) ragionevole la misura dell’obbligatorietà del green pass.

Non si dimentichi che chi non vuole vaccinarsi in via alternativa può produrre un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2. Il fine è sempre quello di evitare che si generino pericolosi cluster. E allora non siamo dinanzi ad un obbligo, così come in modo disinvolto si afferma soprattutto da parte di non giuristi, ma ad un onere che va adempiuto per l’esercizio di un diritto in sicurezza.

Quelle derivanti dall’obbligo di green pass sono comunque limitazioni introdotte con una fonte del diritto primaria (decreto-legge convertito in legge), vale a dire con un atto che per Costituzione può limitare un diritto fondamentale, come ad esempio quello della libertà di circolazione, per motivi di sanità e di sicurezza, così come chiaramente prescrive, fra gli altri, l’articolo 16 della Costituzione.

Ma è ora che venga in rilievo il ‘solo’ articolo 32 della Costituzione e che si imponga l’obbligo vaccinale e questo perché chi finora ha voluto vaccinarsi ha potuto farlo, la campagna di incentivazione ha provato a superare le più che comprensibili ritrosie degli scettici, ma anche le giuste paure, i timori e le apprensioni che devono (forse avrebbero dovuto) essere maggiormente prese in considerazione, e che ora vanno affrontate e non più rimandate. Oggi sappiamo che più del green pass è il vaccino il metodo più efficace a limitare al massimo la diffusività del virus e con esso l’insorgere e lo sviluppo delle varianti.

E allora, è giunto il momento dell’obbligatorietà del trattamento sanitario; questo è possibile, anzi richiesto, dall’art. 32 della Costituzione: «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […] Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

Siamo dinanzi a una evidenza scientifica per cui la quasi totalità delle persone ricoverate e (in special modo) di quelle decedute non ha aderito alla campagna vaccinale. Ciò dimostra in modo indubitabile che siamo dinanzi a un vaccino sicuro ed efficace, così come ci viene assicurato da quasi un anno.

Da parte dei contrari all’obbligo, però, si sottolinea l’incertezza sulle conseguenze dei vaccini nel lungo periodo: non essendo medici non possiamo parlare di ciò che non conosciamo, ma sugli effetti a lungo termine si pensi a quanti siano i farmaci che normalmente si usano con una certa disinvoltura senza dare troppo rilievo alle indicazioni a volte anche allarmanti contenute nel ‘bugiardino’ e che sono in commercio da un tempo relativamente breve. Peraltro, si ricordi che obblighi vaccinali sono già previsti per i minori allo scopo di proteggere la salute della comunità e, per il Covid, in capo al personale sanitario.

In una situazione di grave emergenza sanitaria, veramente si possono mettere sullo stesso piano i rischi (concreti) di morte da Covid con quelli futuribili (non conosciuti) dei vaccini che sono stati autorizzati da organismi internazionali e nazionali (EMA e AIFA)? Si può parlare di futuro dinanzi alla morte per Covid?

Per Costituzione e giurisprudenza costituzionale, è richiesto che il vaccino per rientrare nei trattamenti sanitari obbligatori, oltre che essere efficace e sicuro, debba essere in grado di tutelare non solo la salute individuale ma anche quella collettiva. Basti ricordare un dato acquisito dalla giurisprudenza e dalla legislazione, ovverosia che non si può imporre un trattamento per la salute esclusiva del singolo, perché si introdurrebbe surrettiziamente nell’ordinamento un dovere di cura, la qualcosa sì che sarebbe incostituzionale. Ma vale anche il contrario, sarebbe incostituzionale quella misura che accetti il sacrificio di una fascia consistente della popolazione per raggiungere l’immunità di comunità (Bolsonaro docet). Detto in altro modo bisogna che si tutelino contemporaneamente la salute individuale e quella collettiva.

Eccoci allora giunti alla tesi della legittimità dell’obbligatorietà della vaccinazione di cui all’art. 32 della Costituzione intesa quale ‘ultima ratio’, una volta già avviata (e portata avanti) la strada della graduale estensione dell’obbligo vaccinale ad alcune categorie.

L’art. 32 della nostra Costituzione tutela specificamente la salute come diritto fondamentale individuale e come interesse della comunità, fino a poter imporre, nel rispetto della persona e con legge, trattamenti sanitari e ciò segna il nesso intrinseco tra i diritti individuali e il richiamo all’adempimento del dovere inderogabile di solidarietà sociale, di cui all’art. 2 della Costituzione. Detto in altri termini, il vaccino serve a sé e agli altri: «la vaccinazione non deve incidere negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiono normali e, pertanto, tollerabili» (sentenza n. 5/2018 della Corte costituzionale e anche di recente la Corte europea dei diritti umani). Il Legislatore statale, seppure dinanzi a una “scelta tragica” tra il bene e il male, deve affrontarla, sapendo che l’obbligo di solidarietà indennizzerà chi dovesse subire una menomazione permanente della propria integrità psico-fisica esistendo già il diritto a essere non solo risarciti ma anche indennizzati nonché a ricevere misure di sostegno assistenziale, e ciò - detto per inciso - vale sempre e non solo dinanzi a un obbligo imposto per legge (i dati, fortunatamente, ci consegnano una statistica di esito infausto dovuti alla somministrazione di vaccino che, seppure inevitabile, è assolutamente marginale). Nella sentenza n. 118/1996 (sempre della Corte costituzionale) si legge: «l’elemento tragico sta in ciò, che sofferenza e benessere non sono equamente ripartiti tra tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio degli altri».

Ritorniamo al punto di partenza; rispetto al tema vaccinale, la limitazione alla autodeterminazione è possibile perché essa risulta proporzionale all’interesse della collettività al non diffondersi della malattia che, anche se non porta al decesso, crea dei problemi di salute che possono protrarsi a lungo o generarsi anche a distanza nel tempo - a oggi non prevedibili mancando ancora evidenze scientifiche -, di ‘mancata’ salute per gli altri, di lavoro, di istruzione, di libertà, etc.

Finora, ed è stato giusto farlo, si è scelta la strada della facoltatività, della persuasione e dell’irrigidimento graduale delle misure, ma dinanzi alla ipotesi (purtroppo realistica) che l’immunità di comunità non sia raggiungibile, per il Governo e il Parlamento la scelta del vaccino obbligatorio non è più rinviabile. Nel momento in cui consegniamo questa riflessione, a livello istituzionale si discute del progressivo aumento della obbligatorietà del green pass ad altre categorie, sia pubbliche che private. Non ci troveremmo ancora, pertanto, in una condizione che richiede un obbligo vaccinale generalizzato; non saremmo ancora in presenza di una fase che richieda una misura da ‘ultima ratio’.

Se fino a qualche mese fa l’obbligo del vaccino per tutte le categorie sarebbe stata una misura eccessiva in quanto si sarebbe bypassata la fase della gradualità, della flessibilità e della raccomandazione (in una parola, del convincimento delle persone), ora che tutti coloro che hanno voluto hanno avuto accesso al vaccino la misura della obbligatorietà vaccinale per tutti apparirebbe come costituzionalmente ragionevole.

A ogni modo, la decisione di rendere obbligatorio il vaccino è costituzionale e supererebbe tutte le contraddizioni generate da una situazione affrontata tutto sommato con ragionevolezza e mitezza. Chi vuol parlare di odiosa discriminazione e di violazione della libera autodeterminazione, richiamando perfino il traumatico periodo fasci-nazista, pensi a chi vorrebbe vaccinarsi ma non può farlo per colpa di una ‘terribile sfortuna’: essere nato nel sud povero del mondo.
*costituzionalisti UniCal