Ormai i sostenitori del Ponte sullo Stretto lo chiamano l’ingegnere dei cavi. Antonino Risitano è il tecnico (nonché ex preside della facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania) che ha bollato come «non fattibile» la mega opera così come è stata progettata.

Per il tecnico, con i calcoli effettuati sulle funi che dovrebbero reggere il Ponte sullo Stretto «si potrebbe progettare un pollaio o lo stendino di casa nostra». Certo non le strutture portanti di una impalcatura sottoposta a sollecitazioni enormi e che dovrebbe avere quella che il professore definisce «vita infinita», non certo limitata a qualche decennio. Le obiezioni di Risitano sono finite nel mirino degli entusiasti del Ponte.

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Il docente, però, è convinto che il dibattito sul Ponte si concentri sempre sulle «stesse cose di poca importanza». Nella trasmissione “Base Luna chiama Terra” di Radio Cusano campus, l’ingegnere ribadisce le proprie perplessità sui cavi che dovranno reggere il Ponte: «Dico sempre che quei cavi non rispettano i criteri di una corretta progettazione per una struttura di questo tipo: vengono adottate delle scelte progettuali che non sono adatte per questo tipo di intervento». Quello del Ponte sullo Stretto è, per Risitano, «un progetto con tante lacune».

Gli incontri con i tecnici della società Stretto di Messina lo hanno convinto di un’altra cosa: «Mi sono accorto che il progetto mica l'hanno visto e l'hanno esaminato attentamente, non lo ha fatto nemmeno il Comitato tecnico-scientifico». Il motivo è il paragrafo «da pagina 38 a pagina 44 che parla della fatica dei cavi che sono l’elemento portante del Ponte». Per Risitano «non ha significato andare avanti se prima non si fanno verifiche su quello che è il cuore della struttura, nel senso che se un cavo dovesse cedere, chiaramente cede tutto il Ponte: oltretutto i cavi debbono durare 200 anni e non possono essere mai cambiati». Il punto è che le prove sui cavi «vengono sempre rimandate al progetto esecutivo ma invece dovrebbero essere le prime che si fanno». Probabilmente, sostiene l’ingegnere, «se avessero seguito questo approccio la progettazione non sarebbe andata avanti».

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Il progetto del Ponte prevede l’accoppiamento di due cavi «che – per il tecnico – è una cosa unica al mondo: ancora non si sa come si potrebbero comportare. È per questa ragione che ho parlato di prototipo e ne parlo ancora».

Risitano, che spiega di essere «un indipendente», e dunque non schierato in un dibattito caratterizzato da molte prese di posizione ideologiche, ribadisce un’altra questione: «L’ho detto sempre, non sono né per il Ponte né contro il Ponte, sono solamente per un Ponte sicuro, e mi baso soltanto sulle mie competenze tecnico-scientifiche maturate in più di 40 anni: su queste basi ho maturato l’idea che questo Ponte non può essere mai sicuro e affidabile e non può svolgere la sua funzione. In seguito, quando ci saranno materiali diversi, probabilmente si potrà fare, ma per adesso il Ponte non si può costruire».

Risitano va oltre: «Gli ho dato il nome di Ponte della speranza, la speranza che arrivino nuovi materiali e quindi si possa realizzare, ma con i materiali attuali, con gli acciai che ci sono, non si può fare». Il progetto rimanda tutto a test adeguati da effettuare nella fase esecutiva. Per l’ingegnere significa «che hanno fatto quattro prove, le più semplici, probabilmente c'era un programma di prove più adeguato, ma non è stato mai completato». Il primo progettista se n’è occupato nella prima fase ma nel 2004 «non è stato più confermato, la società non l’ha più convocato». E troppe domande sono rimaste senza risposta.