Al centro del lavoro, le storie di chi ha lasciato la propria terra in cerca di un futuro migliore e che ha trovato qui una nuova speranza. Il racconto di chi si è salvato e di chi è rimasto intrappolato nel “cimitero Mediterraneo”
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Cutro, un anno dopo. Parlarne è difficile, ma è necessario. Dopo le manifestazioni per il ricordo della strage, sulla spiaggia davanti alla secca ci sarà un nuovo appuntamento della memoria: verrà girata la parte corale di “Nyumba”, il docu-film prodotto dalla Indaco Film con il sostegno della Calabria Film Commission, soggetto e sceneggiatura di Paola Bottero, regia di Francesco Del Grosso, distribuzione Diemmecom.
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Intreccio di storie
Tante storie che si intrecciano e si uniscono in Calabria, partendo proprio dalla spiaggia di Cutro. Come quella di Abdullah Balde, che a 14 anni ha lasciato il Senegal «per migliorarsi», è sbarcato a Lampedusa tra mille peripezie ed ora, da mediatore linguistico, aiuta altri migranti a ricostruirsi una vita. O quella di Sisì, Mohamed Sesay, che in Sierra Leone divorava libri di storia ed ora li fa nascere, da Rubbettino, dove è stato assunto come addetto al tagliacarte. O, ancora, quella di Alex Sowe, scappato dal Gambia, imbarcato con 300 migranti su due barche, di cui solo la sua ce la fa: soccorso in mare, portato a Reggio Calabria, fa il calciatore in promozione, d’estate lavora alla reception di un hotel.
Sceneggiatrice, regista e produttore nei giorni della strage si trovavano in Calabria per ascoltare le storie di tanti migranti ed individuare le più rappresentative. «Abbiamo visitato» racconta Paola Bottero «alcuni dei più importanti centri di accoglienza della Locride, del Crotonese, del Lametino. I ragazzi intervistati ci hanno raccontato la propria “nyumba”, casa in Swahili: quella da cui sono scappati e quella che hanno ritrovato in Calabria, scelta come luogo dove vivere. La nostra narrazione voleva far comprendere che non esistono confini, che l’accoglienza è la base di ogni società degna di essere considerata tale, ma mai avremmo potuto immaginare che proprio quei giorni avrebbero segnato un punto di non ritorno. Cutro doveva diventare un protagonista silenzioso ed un monito con un abbraccio corale, fisico ed affettivo, su quella spiaggia. I protagonisti del nostro “Nyumba” inizieranno il loro racconto guardando l’orizzonte oltre la secca: sarà un modo per rappresentare, attraverso le storie di chi ce l’ha fatta, anche quelle di chi purtroppo è rimasto intrappolato nel “cimitero Mediterraneo”».
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Le riprese del docufilm
«La difficoltà maggiore» continua Francesco Del Grosso «è stata scegliere tra le tante storie raccolte le più rappresentative. Realizzeremo le riprese ambientali con cineprese a terra e droni, per guardare la Calabria con occhi nuovi: quelli dei migranti che l’hanno scelta come nuova casa. Nelle riprese di docu-fiction, che si baseranno invece sulla ricostruzione degli eventi narrati dai protagonisti, la sabbia sarà elemento narrativo e filo conduttore: sarà la spiaggia di Cutro, location per il racconto della vita precedente al viaggio della speranza, e sand art, in aiuto per la rappresentazione visuale».
«È stato molto emozionante» aggiunge Luca Marino «sentire i migranti raccontare perché la Calabria è Nyumba, casa. Con le loro storie racconteremo anche la Calabria, racconteremo anche le nostre radici di emigranti, la nostra capacità di accogliere ed integrare. Il docu-film che gireremo in primavera conterrà tutti i valori che fanno parte della nostra cultura, così agli antipodi degli stereotipi negativi di una narrazione anche cinematografica che fortunatamente non è più prevalente».
Un pensiero condiviso anche dal Commissario Straordinario della Calabria Film Commission, Anton Giulio Grande: «La Calabria sa raccontare storie piene di bellezza e di amore. In Nyumba è location ed è protagonista, scelta come casa dai migranti che sono riusciti a costruirsi una seconda possibilità di vita. Sull’argomento, tra l’altro, abbiamo sostenuto diverse opere. E lo hanno fatto qui, in una terra che, quando è amata e apprezzata, è capace di restituire grandi emozioni. Guardare la nostra regione con occhi diversi dai nostri ci aiuterà ad apprezzarne ancora di più le immense ricchezze, non sono naturalistiche e culturali, ma anche umane».