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Un dibattito a più voci nato nell’ambito del laboratorio di scrittura e lettura realizzato all’interno della casa circondariale di Catanzaro e che ha condotto ad un confronto serrato protrattosi per oltre tre ore tra 150 detenuti e il giornalista e scrittore Filippo Veltri. Gli ospiti dell’istituto penitenziario sono stati infatti sollecitati dal curatore del laboratorio, prof. Nicola Siciliani De Cumis, a leggere e a riflettere su due dei libri redatti da Filippo Veltri: “La Calabria Dolente” edito nel 2014 e “La Calabria Dolente 2.0” edito nel 2016 dalla casa editrice “Città del sole”. Al centro del dibattito i problemi atavici della Calabria sono stati affrontati grazie al contributo offerto dalla consigliera regionale Wanda Ferro.
“Nel mio nuovo libro affronto la persistenza di gravi questioni che non sono solo quelle del lavoro e della legalità, tra le più percepibili immediatamente all’esterno ma sono anche quelle della fiducia dei calabresi nella possibilità di un cambiamento” ha dichiarato il giornalista a margine dell’incontro. “Ovviamente l’opportunità che mi è stata data di parlarne all’interno di un istituto penitenziario segnala due cose: la prima è che c’è una possibilità anche all’interno di un’istituzione così complicata come un carcere di portare messaggi positivi per quanto possibile. Secondariamente, ho avuto modo di appurare che ci sono istituzioni che si sforzano di dare un input all’esterno, alla classe politica innanzitutto e alla società intera che è possibile cambiare, che è possibile dare delle piccole percezioni di novità. L’azione della magistratura rispetto ai problemi della criminalità organizzata spesso non viene supportata e se non viene supportata l’azione di bonifica necessaria non soltanto nei confronti delle organizzazioni criminali ma anche nei confronti della politica malata pestiamo acqua nel mortaio”
“Il libro di Filippo Veltri – ha spiegato Wanda Ferro - racconta con onestà ciò che avviene in una Calabria che non deve essere piegata su sé stessa ma deve pensare ad un’immagine in cui ciascuno è parte di un percorso di crescita e di cambiamento, additando responsabilità alla classe dirigente ma chiamando in causa gli intellettuali, chiamando in causa la società civile attraverso non la volontà di dare una soluzione ma di intravedere mali atavici che vanno dalla sicurezza, alla legalità, alla sanità e soprattutto alla carenza di lavoro. Nel secondo libro rispetto al libro che ha visto la Regione prima amministrata dal centrodestra con Scopellitti e oggi dal centrosinistra con Oliverio un ex comunista non ha visto di fatto nessun cambiamento ma sempre di più i problemi incancrenirsi e forse la mancanza di ascolto spesso diventa anche un male in cui in Calabria non si riesce ad uscire”.
Luana Costa