Una terra piena di segreti ma anche di rischi. Una terra unica, dal punto di vista geologico. Una Calabria straordinaria che attrae da sempre studiosi da tutto il mondo. Da cosa deriva la sua unicità?

«È uno dei pochi posti al mondo in cui abbiamo un terreno più vecchio – le Alpi – che è finito sopra alla parte giovane, l’Appennino». Gino Mirocle Crisci la storia idrogeologica della nostra regione la conosce benissimo. Rettore emerito dell’Unical nonché geologo e autore di numerosi studi e ricerche, ospite di Pier Paolo Cambareri a Dentro la Notizia (rivedi qui la puntata) ha tracciato con le sue parole un ponte tra il passato e il futuro di un territorio fragile e complesso, tra i grandi eventi dei millenni e dei secoli scorsi e i rischi attuali con cui fare i conti per gli anni a venire.

Terremoti e prevenzione

E parlando di grandi eventi non si può non pensare ai terremoti. «Quelli che avvengono in Calabria – ha spiegato Crisci – sono di quattro tipi: catastrofici, uno ogni mille anni; forti, ogni 100-200 anni; medi e medio-bassi, con un massimo di magnitudo 5». Sono questi ultimi quelli più frequenti, con cui abbiamo a che fare spesso, basti pensare agli ultimi sciami sismici registrati nel Crotonese e nel Cosentino. Ma, tranquillizza il professore, «finché rimaniamo nel range medio-basso il fenomeno è fisiologico».

Cosa sta succedendo? «Tutta la Calabria si sta sollevando, il guaio è che ogni pezzo si solleva con la sua velocità: se una si muove rapidamente e una lentamente si crea attrito e da qui terremoti».

Il tema principale resta sempre la prevenzione. Stabilito che i movimenti della terra non si possono prevedere, si possono però prevenire eventuali disastri. E se dal punto di visto dello studio e dell’osservazione la nostra regione è messa bene, con la presenza di 60 stazioni di rilevamento – «una delle più belle reti di monitoraggio sismico in Italia», sottolinea Crisci – tanto non è stato fatto e, dunque, resta da fare per limitare i danni di un eventuale terremoto come quelli del 1905 e 1908.

«Non sappiamo quando arriverà il prossimo terremoto forte, ma 120 anni sono tanti e poco intanto è stato fatto», rileva il geologo. A partire dal Piano di protezione civile, che tutti i comuni devono avere. E quasi tutti, in Calabria, lo hanno. «Ma la gran parte lo tiene nel cassetto – avverte Crisci –. Bisogna che esca dal cassetto e arrivi alla gente».

Poi un particolare, spesso trascurato. «Anche un terremoto piccolo può portare danni grossi. Se va via la luce e la gente va giù per le scale e al portone c’è la chiusura elettrica, come fa a uscire?», è il problema posto da Crisci. Che chiede: perché non mettere l’obbligo delle maniglie antipanico anche negli edifici privati, almeno nelle aree classificate come zona 1, ossia quelle più a rischio?

Ponte sullo Stretto: il problema del vento

Nel corso della puntata un faro viene acceso anche sul Ponte sullo Stretto. «Da un punto di vista prettamente tecnico si può fare – argomenta il professore –. Poi, certo, bisogna vedere come lo costruiscono. Ma il vero problema, che io più volte ho posto senza avere risposta, è quello del vento. Se nello Stretto dovesse tirare vento forte il ponte oscillerebbe e andrebbe chiuso. Se si tenesse chiuso 2-e giorni in Sicilia come si arriverebbe?».

I vulcani 

Uno sguardo, anche, ai vulcani sottomarini. «Sono innocui», dice Crisci. Che spiega: «Quando erutta un vulcano subaereo il materiale che fuoriesce trova l’aria che non oppone resistenza, quindi può schizzare in alto. Il materiale che invece fuoriesce dal vulcano sottomarino trova l’acqua che fa resistenza, a 2-300 metri perde la spinta e va giù. Noi non ce ne accorgiamo nemmeno, se non per via sismica, perché provoca tremori».

Ma un rischio c’è ed è quello legato agli tsunami. È l’unico problema che preoccupa un po’ gli esperti, ammette il professore. Perché, eruzione dopo eruzione, il materiale si deposita sui fianchi del vulcano creando degli strati più o meno spessi. Una piccola scossa potrebbe dar vita a una frana sottomarina che a sua volta potrebbe provocare uno tsunami. In Calabria, in passato, ce ne sono stati. «Ma prima il pericolo non c’era perché la gente non abitava al mare», rimarca Crisci.

Adesso, invece, il pericolo c’è. E per porvi un argine il rettore emerito dell’Unical, anni fa, aveva proposto la creazione di una rete di allarme. «Parole al vento – commenta amaramente – ma non è mai troppo tardi. Tra l’altro sarebbe la prima rete antitsunami di tutto il Mediterraneo».

E poi non ci sono solo i vulcani sottomarini, ma anche quelli, vicinissimi, della Sicilia. Così come poco lontano dalla Calabria sono osservati speciali i Campi flegrei. «Sono preoccupato – dice Crisci –. Anche se i miei colleghi mi dicono che non ci sono evidenze di magma. Ma lì nella storia sono successe cose terrificanti. Bisogna attrezzarsi».

Cambiamenti climatici

Infine, un occhio alla questione dei cambiamenti climatici. Mano dell’uomo o fenomeno naturale? Un «problema malposto», secondo lo studioso: «Sta cambiando il clima? Sì. Se anche fosse la natura a cambiarlo, l’uomo ha interesse a ostacolare questo andamento, non a contribuire mettendoci del suo». Ma ostacolare il trend non è facile, anzi quasi impossibile: «Per cambiare qualcosa bisogna avere la forza culturale di mettere in discussione il sistema di vita attuale», rimarca Crisci. La questione è: siamo disposti a rinunciare a certe comodità ormai parte della nostra quotidianità per consumare meno e tutelare l’ambiente?