La Coldiretti lancia l’allarme e spiega perché le recenti misure adottate sono da considerarsi non sufficienti per arginare l'emergenza: «Gli agricoltori calabresi stanno diventando gradualmente allevatori di… ungulati»
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«Da una valutazione, seppur sommaria, ma che trova conferme, la Calabria è “occupata” da circa 300.000 cinghiali e la Regione esulta per aver ottenuto il permesso di abbatterne 3500, poco più dell’1% e questo numero è destinato a crescere considerata la loro velocità di riproduzione». E' quanto riferisce la Coldiretti, «Questo – afferma in una nota Franco Aceto, presidente di Coldiretti Calabria – equivale a dire che gli agricoltori calabresi stanno diventando gradualmente tutti allevatori di cinghiali. Infatti - aggiunge i suini allevati in Calabria, come certifica la banca dati nazionale, sono circa 50mila. Ciò significa che ci sono almeno sei cinghiali per ogni suino allevato e il rapporto crescerà poiché gli abbattimenti dei cinghiali sono nettamente inferiori alle nascite».
La soluzione della Coldiretti
Secondo la Coldiretti «la presenza dei cinghiali è ormai una costante e non passa giorno che non ci siano avvistamenti anche nelle città, ovviamente nelle aree agricole e rurali con rilevanti danni alle coltivazioni e causa di problemi sanitari, sulle strade dove sono motivo spesso di incidenti». Per questo «Non sono più possibili misure tampone e una tantum che non hanno inciso in modo strutturale alla definizione dell’emergenza che ha avuto un peggioramento - spiega Coldiretti – e che per come vengono annunciate si vuole far credere rassicuranti e risolutive dei problemi. Cosa fare? Lo proponiamo da tempo! Occorre ridefinire le aree vocate e non vocate al cinghiale servendosi dei dati Arcea che sono aggiornatissimi e quindi liberare dai cinghiali le aree non vocate, che sono poi quelle agricole, autorizzando ed incentivando i piani di contenimento numerico, di controllo e di abbattimento. Necessariamente occorre la modifica delle norme regionali che risalgono a ventidue anni fa e che erano state pensate per la tutela e protezione della fauna selvatica, al fine della ricostituzione del patrimonio faunistico e che oggi evidentemente si sono dimostrate non più idonee».
La tutela degli agricoltori
Si dovrà inoltre «richiedere ancora - continua la nota - - l'aggiornamento del "Piano di Riequilibrio della specie" agli Enti Parco e più in generale all'interno delle aree naturali e protette, al fine di ripristinare la sostenibilità ambientale ed economica. Non è più rinviabile la risoluzione del problema – conclude la Coldiretti– ed è assolutamente necessario assicurare la giusta tutela del lavoro di chi si guadagna da vivere in campagna, la sicurezza delle persone e la vivibilità dei luoghi».
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