A una settimana dal sequestro dei capannoni dell'ex Resine Sud, i residenti della zona sono infuriati con le istituzioni mentre la procura di Vibo Valentia sta cercando di definire le responsabilità
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Politica in silenzio, istituzioni locali pressoché inoperose, e così sembra messa la sordina sul maxi sequestro alla ex Resine Sud – nella zona industriale di Portosalvo di Vibo Valentia – dove solo i cittadini sembrano preoccupati per il sospetto che il sito sia servito anche per interrare rifiuti radioattivi.
L’avvocato Angelo Calzona, coordinatore del Wwf vibonese, lo ammette senza mezzi termini. «Non c’è stata quella reazione che ci saremmo attesi – afferma – tenuto conto che quei rifiuti trovati sono altamente pericolosi».
Eternit, copertoni, rifiuti ferrosi, ecoballe accatastate: il sito era utilizzato per immagazzinare materiale inquinante d’ogni genere, ma ciò che più preoccupa è l’alto livello di radioattività che l’Arpacal ha rilevato nella parte ovest del complesso industriale dismesso.
Un allarme ancora oggi avvertito da chi vive o lavora qui. «Questa è una zona industriale non è mica un cesso», sbotta un cittadino che abita proprio di fronte alla fabbrica sequestrata. Le indagini stabiliranno se quella che per ora è considerata soltanto una discarica, fosse anche il centro di stoccaggio di un traffico illecito di rifiuti.
Ma intanto, sorprende e non poco l’impunità con cui si è pensato di poter agire – per chi sa quanti anni - in un’area videosorvegliata, la cui massima autorità gestionale è la Regione, che fino ad oggi non ha detto nulla su questa sospetta terra dei fuochi. «Dopo che negli anni ’70 hanno fatto la fiera – prosegue il dirimpettaio – doveva essere la Regione a prendere il sito, ma l’ente non ha fatto nulla».
Da quel che si legge nell’atto stilato dalla procura guidata da Camillo Falvo, proprietario dell’area sequestrata è Franco Mirigliani, avvocato catanzarese, già assessore regionale nella giunta Chiaravalloti. Un uomo che con la società Fin-In segue diverse operazioni immobiliari nella Calabria centrale.
Invocavano il pubblico, ma entrarono i privati: un brutto sipario sull’asse Vibo-Catanzaro, servito a celare quel che tra questi capannoni avveniva, ma anche un senso di colpa delle istituzioni. Per capire quanto il silenzio equivalga a complicità, il sito internet del Corap – l’ente regionale che ha competenza sull’area industriale – non aiuta. Nessuna indicazione sulla destinazione d’uso, di questo e di altri lotti, viene spiegata.