VIDEO | Approdato nel network LaC pochi mesi fa, Marco Cribari si racconta: «Sincero e curioso, in un buon giornalista batte un cuore sempre bambino»
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Marco Cribari mastica giornalismo fin da quando aveva dieci anni. Risale ad allora, infatti, la sua prima pubblicazione, distribuita in proprio a familiari e amici, a cui dà il titolo “Rataplan” ispirato al cagnolino coraggioso del cartone animato Lucky Luke.
Il suo esordio è segnato da una lunga gavetta: le corrispondenze per un quotidiano nazionale (Il Secolo d’Italia) poi quelle per il settimanale Mezzeuro e nel 2006 arriva la chance di entrare nella redazione del giornale Calabria Ora. Comincia come redattore di bozze, ma a seguito di un rimescolamento interno gli viene proposto di occuparsi di cronaca nera e giudiziaria. «Pensavo di essere pronto, forte anche della passione per i gialli di Agatha Christie trasmessami da mia madre, ma poi ho scoperto che la realtà è un po’ meno patinata».
Per lui fu la prima lezione di giornalismo. E da allora, sostiene di non aver mai smesso di imparare: «Il giornalismo è come la Juventus – sostiene – o è stile o è errore. In questo mestiere l’errore è sempre dietro l’angolo. Serve tanta umiltà».
Giornalista professionista, è appassionato e studioso degli anni Sessanta - «il periodo aureo della musica, del cinema, del costume. Sta tutto lì, in quel decennio» - e della cronaca giudiziaria ne ha fatto una metafora di vita: «Ogni giorno siamo attori inconsapevoli di un processo. Ci sentiamo vittime o carnefici, accusiamo o difendiamo il prossimo. Lo giudichiamo. In tutto ciò, noi giornalistiabbiamo un ruolo immutabile: quello di testimoni del nostro tempo. Abbiamo l’obbligo di dire la verità».
Otto anni a Calabria Ora, altri sette al Quotidiano del sud, e oggi che di anni ne ha 47 arriva per lui l’approdo al network LaC.
Dai giorni radiosi di “Rataplan” è trascorsa un’era, ma rispetto a quei giorni, garantisce cheper lui poco o nulla è cambiato in termini di spirito. «Con Domenico Maduli e Maria Grazia Falduto ci siamo intesi a prima vista. La loro idea di giornalismo coincide con la mia: una missione che impone scelte e riflessioni mature, ma che è fatta soprattutto di curiosità e sincerità. E queste sono caratteristiche dei bambini».