L'ultima parola va ancora scritta, ma Reggio è stanca del perenne baratro su cui si staglia. Bastava poco per evitare tutto questo
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Morti no (non ancora definitivamente quantomeno), mortificati sì. La Reggina ieri ha ricevuto il verdetto che, già da giorni, ventilava in maniera angosciante sulla città della Fata Morgana: domanda d'iscrizione alla prossima Serie B bocciata dalla Covisoc. Il baratro, dopo ieri, è decisamente più vicino, sebbene non abbia ancora del tutto ingoiato gli amaranto: ci sono i ricorsi, vari gradi di giudizio. E se in un primo momento l'esclusione pareva motivata non solo dai 757mila euro non versati di tasse e contributi, dopo il comunicato della Covisoc un pugno di speranze restano vive. Ci si gioca tutto su un cavillo, sebbene francamente bastasse poco, pochissimo per evitarlo.
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Non sappiamo come andrà a finire. Già ieri voci contrastanti hanno popolato l'intera giornata decisiva per i club di B e C: per la Reggina si era aperta all'insegna di un cauto ottimismo, per poi precipitare nel pomeriggio. Ma tanto questo è il modus operandi: basti pensare a quanto successo al Lecco, che pareva ammesso fino a tarda sera, quanto è arrivato il no anche per i blucelesti.
Chiarezza
Sbilanciarsi in previsioni era difficile due giorni fa e lo è oggi. Si è sempre cercato, su questo network, di attenersi ai fatti: e continueremo a farlo, sempre. E i fatti dicono che, forse, la Reggina non è ancora morta definitivamente ma, di certo, lei e il suo popolo sono mortificati. Mortificati da un comportamento gestionale, negli ultimi due anni, da far accapponare la pelle. Non parliamo di un uomo solo, parliamo della totalità, parliamo di diversi protagonisti.
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Parliamo di Luca Gallo, che ha riportato in Serie B questa società per poi svergognarla con un debito milionario di contributi non pagati. Sostituendo Direttori Generali e General Manager come fossero calzini, ergendosi - a livello d'importanza - al pari della Reggina, per poi portarla alle porte dell'inferno. Lì dove l'ha raccolta Felice Saladini, di cui parliamo pure, sbandierando amore per il territorio e trasparenza. Entrambe cose viste a sprazzi, componenti evidentemente marginali di un puzzle di alta ingegneria aziendale il cui senso, tuttavia, oggi non ha una logica se non essere un piano, forse, andato in frantumi all'ultima curva. Gradiremmo da lui verità, per una volta sincera trasparenza e rispetto: senza fantasie su piani triennali, risultati raggiunti, monologhi ricchi di egocentrismo. Aveva esultato per l'omologa del piano di ristrutturazione dei debiti, con lo stralcio di più di dieci milioni di contributi non pagati: a noi, francamente, di ridere non ce n'è venuta minimamente voglia, pensando alla tanta gente che pur di pagar le tasse non arriva a fine mese.
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Chissà, comunque, se Felice Saladini - al netto di note stampa che dicono poco e niente - ci farà mai capire cos'è successo negli ultimi venti giorni su una barca da cui sono scesi tutti, a partire da Marcello Cardona. Lui, ex Prefetto, ex arbitro, custode della legalità. Si è dimesso, ha affidato il suo pensiero a un comunicato, promettendo un commiato reale a stampa e tifosi: dov'è, oggi, Marcello Cardona? Sapeva la direzione in cui si stava andando oppure è sceso quando, anche verso di lui, è venuta meno la trasparenza ed è emersa la deriva? Anche qui, confidiamo nella voglia di essere trasparenti.
Due destini
Ci sono, davvero, una valanga di domande da porre a questi protagonisti, sebbene non tutti possono o vogliono rispondere. Li accomuna una cosa, però: aver disonorato uno dei pochi motivi d'orgoglio di una città quantomai in ginocchio. Una realtà che fatica, che annaspa, che vive sul chi va là costante. Basti pensare alle sue realtà sportive: la Reggina e la Viola, mai come adesso vicine al capolinea. Gli amaranto disillusi dai vari avventurieri - attesi, amati e infine odiati - che le si sono avvicinati; i neroarancio, risollevati da pochi volenterosi reggini, ma col gigantesco punto di domanda sul domani.
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Insomma, in attesa dei prossimi gradi di giudizio, magari la Reggina non si può dire morta, ma perlomeno mortificata. Lo sono i suoi tifosi, che forse fin troppo si sono fidati: per paura, forse, di scoprire che sotto al letto ci potesse essere davvero il mostro. O forse per pigrizia, nell'estrema speranza che le cose, in qualche modo, alla fine si potessero aggiustare da sole. Il prossimo step sarà il ricorso in appello: si deve presentare entro il 5, verdetto il 7. Aspettative? Indefinite: fin troppi si sono già improvvisati esperti di diritto sportivo. È un campo nuovo, complesso, costellato di incertezze. Di certo, però, come già scrivevamo alla vigilia della Covisoc, il vento dovrà cambiare sullo Stretto, per evitare nuove mortificazioni. E nuove morti sportive.