Un signore del calcio. Mauro Meluso, nuovo direttore sportivo del Napoli, corona il sogno della sua vita. Fuori dal circolo di potere che alimenta il mercato italiano arriva a 58 anni sulla poltrona più ambita del pallone. Il presidente Aurelio De Laurentiis ha dato l’annuncio nel pomeriggio con il classico coupe de teatre. Fatto sta che un cosentino doc è al timone della società che disputerà il prossimo torneo con il tricolore sul petto. Ritrova un altro calabrese, anche lui della provincia di Cosenza, come Giuseppe Pompilio, 45 anni di Saracena e vero spin doctor di Giuntoli ormai alla Juve.

Il profilo di Mauro Meluso

A Mauro Meluso, di sovente ospite nelle trasmissioni sportive di LaC Tv, è legato particolarmente il pubblico di fede rossoblù. Nel 2015, con pochissime risorse a disposizione, riuscì a portare in Calabria il primo trofeo professionistico della storia: la Coppa Italia di Serie C.

Allo stadio Marulla rimase per soli due anni, quando da profeta in patria fu tacciato di tradimento per il solo fatto di aver effettuato una scelta professionale ritenuta migliorativa. Giudizio questo poi stemperato al netto della sua professionalità, calabresità e sensibilità verso i colori rossoblù.

Ha portato il Lecce dalla Serie C alla Serie A, poi ha contribuito a salvare, clamorosamente, lo Spezia alla sua prima esperienza nel calcio dei grandi. Nel 2021 si separò dai liguri pur ricevendo grossi apprezzamenti da parte della proprietà americana che decise, come ha fatto oggi il Milan, di affidarsi ad un algoritmo per la ricerca dei talenti.

Lo scansalo Dirty soccer

Mauro Meluso non ha mai nascosto la sua avversità verso un calcio malato, nel 2015 scoppiò lo scandalo Dirty soccer che portò arresti a raffica in tutto lo Stivale. Nelle intercettazioni, due soggetti coinvolti stavano cercando di organizzare un vero e proprio golpe a Cosenza per soffiargli il ruolo di direttore sportivo. In una lettissima intervista dell’epoca, rilasciata al nostro network, dichiarò: «Quando ho letto la notizia su Cosenza Channel non ho perso la serenità. Vivevamo in un periodo di tranquillità ma non ho smarrito neppure la lucidità per esternare le mie emozioni, quello fu un agguato mafioso, mancava solo il tritolo per farmi saltare in aria. Chi tende a delinquere nel calcio deve sparire, questa gente va spedita fuori dal nostro mondo: si riciclasse in altri ambiti». In queste parole c’è tutto Mauro Meluso, un galantuomo innamorato della Calabria e della Sila.