Una (doppia) stagione iniziata male, proseguita a singhiozzo e finita con la seconda consecutiva eliminazione dai play off promozione con l’immagine dei calciatori che a Picerno “devono” togliersi la maglia
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Dura a Crotone fare bilanci col calcio dopo la seconda stagione di serie C, dopo oltre un ventennio di vittorie trascorse quasi tutte tra serie A e B. Ma ieri, a vedere l’entusiasmo “puro” di Picerno nel vivere la partecipazione ai play off come un traguardo eccezionale, forse “gli occhi più grandi della pancia” possono assurgere ad analisi sportive più misurate, per lo meno più autentiche.
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L’immagine dei calciatori che a Picerno “devono” togliersi la maglia sotto gli spalti dei circa 200 supporter arrivati in Basilicata, così come la vicenda stadio, direttamente connessa a qualsiasi prognosi nella iscrizione al prossimo e terzo anno consecutivo in serie C (e non accadeva dal 1999/2000), può e deve “aizzare” a un tentativo di bilancio sportivo equilibrato.
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La città di Milone è passata dalla seconda e consecutiva retrocessione di due stagioni fa, che portò il Crotone dalla serie A di Stroppa alla serie C da ricostruire, senza più Beppe Ursino direttore sportivo, che andava via dopo quasi trent’anni passati dai dilettanti, arrivando nell’Olimpo del calcio simultaneamente, tornò a casa il direttore generale Raffaele Vrenna che “si era preso una pausa a Vercelli” lasciando comunque la squadra in serie A e diventando, di fatto, deus ex machina di una nuova società che per tornare il più presto possibile in serie B (questo l’obiettivo dichiarato), chiama mister Lerda (non proprio l’eroe dei due mondi) consegnandogli una corazzata, lo scorso anno, che ebbe la sfortuna di trovare un Catanzaro davvero eccezionale, tanto da confermarsi tale anche in questo (non ancora concluso) campionato di serie B che potrebbe addirittura “regalare” il sogno del ritorno in serie A, dopo oltre 40anni.
Con tutti i carichi provincialistici di cui l’intero stivale è tronfiamente colmo, a campionato in corso, viene chiamato Lamberto Zauli che, innegabilmente, riesce a consegnare al progetto una nuova dimensione tattica che predilige tecnica e gioco meno “sparagnino” di quello del “rude” Lerda che, comunque, in termini di punti e risultati, aveva garantito, fino a quel momento (febbraio 2023), medie con cui, senza i marziani cugini, avrebbe molto probabilmente combattuto per la promozione diretta.
Zauli tocca il momento migliore, proprio nello scontro diretto contro Vivarini terminato in pari (1 a 1) ma giocato da “grande”, per cui crescevano rimpianti, forse illusori. Poi il mese ed oltre di pausa, ed un carattere che inizia a mostrare conferme di limiti di latitanza che portano ad una ancora sanguinosa eliminazione dai play off, per mano del Foggia che sarebbe poi andato a perdere solo in finale, contro il Lecco. Si deve dunque riprogrammare e resettare, dicono dalla holding di famiglia, e Raffaele Vrenna “consuma” il primo DS Corsi, forse troppo poco audace ancor prima che troppo giovane ed inesperto, e chiama Beppe Di Bari che presto “deve imparare” le differenze vissute a Foggia e Juve Stabia; dopo audizioni collettive, si preferisce richiamare, a sorpresa, Zauli che sembrava aver dato l’addio allo Scida dopo l’incredibile (ed anche ingiusta) eliminazione contro il Foggia di Delio Rossi, e gli si affida una preparazione di porte girevoli e tanti ad allenarsi in proprio, ed una squadra impegnata a disfarsi di tutti gli ingaggi ingombranti.
A settembre scorso sono stati accompagnati alla porta (tra gli altri) Branduani, Cuomo, Golemic, Mogos, Kargbo e Chiricò, lasciando dentro Petriccione solo perché non voluto (veramente) da nessuno; ma nessuno per scelta o indicazione tecnica. Arrivano Leo, Felippe, Loiacono ed il jolly Vinicius, più i ritorni da prestiti di Tumminello e qualche giovane oltre a D’Alterio, sempre, quasi mai per esigenze e/o richieste tecniche.
Zauli parte male e viene esonerato già ad ottobre, ma è salvato dai giocatori; riesce così ad inanellare 19 turni quasi ottimi tanto che, a cavallo del mercato di gennaio, che rivoluziona ulteriormente la rosa, non è nemmeno lontano dalla primissima Juve Stabia. Poi al caos tecnico con l’uscita soprattutto di Petriccione e la concomitante assenza prolungata per infortunio sia di Vinicius che di Tumminello, la squadra, senza sprofondare, abbassa il numero di vittorie, arrivando a “giustificare” l’esonero di Zauli (questa volta confermato) e la chiamata di Baldini che fa 5 sconfitte su sei gare, facendo precipitare definitivamente ambizioni e morale sempre di quel gruppo di “scarsi” di carattere che non si riprendono nemmeno con il rientro di Zauli. Si riesce a sgraffignare un nono posto con la parentesi, quella sì vergognosa, dell’aggressione a calciatori e fidanzate.
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Al netto di una innegabile latitanza di programmazione, la dimensione di una piazza che ha potuto “investire” nel calcio solo per risarcire circensi antichissime esigenze popolari (che chi si azzarda a chiamare sociali non sarà mai passibile e/o meritevole di miglioramento), ci sarebbe innanzitutto l’esigenza di “ridimensionare” gli occhi alle capacità di stomaco. Il Parma quanto ci ha messo a ritornare in serie A? E Bari, Catania e Reggio Calabria debbono vocarsi al suicidio collettivo? Oppure il tema può essere quello di concedere stadio, scavi millenari e veleni nelle discariche di famiglia, pur di tornare a guardarci Inter, Milan e Juve? E qui il mea culpa che dovrebbero fare tutti i componenti la famiglia Vrenna (compreso, se non per primo chi è andato via qualche anno fa) ha certamente il colore della gloria da mostrare, piuttosto che la pure comprensibile scarsa dimestichezza a gestire il pianeta calcio, che non puzza molto meno di vergogna in tantissime (davvero troppe) latitudini di questo disgraziato paese che, tra l’altro, non è nemmeno riuscito a partecipare agli ultimi due mondiali.