Il 4 maggio del '49 la tragedia di Superga. Celebrazioni e messaggi per ricordare una delle più forti squadre di sempre
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Ci sono date che sono entrate nella memoria collettiva di un Paese, al di là delle divisioni, del tifo e delle passioni. La data del 4 maggio 1949 è una di queste.
Settanta anni fa finivano sulla collina di Superga, alle porte di Torino, le vite e i sogni di un gruppo di calciatori, ragazzi di una generazione di un’Italia che provava a rialzarsi, a ricostruire, a sognare, dopo le distruzioni del Secondo conflitto mondiale. Eroi sportivi e non solo.
Le vittime
Alle ore 17:03 di quel terribile 4 maggio, il Fiat G.212 della compagnia aerea Ali, con a bordo l'intera squadra del Grande Torino, si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga.
L'aereo stava riportando a casa la squadra da Lisbona, dove aveva disputato un incontro amichevole contro il Benfica.
Trentuno le vittime. Nell'incidente persero la vita praticamente tutti i componenti della rosa: Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Émile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Roger Revelli Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Romualdo Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Július Schubert. Morti anche tre dirigenti (Egidio Agnisetta, Ippolito Civalleri, Andrea Bonaiuti), l’allenatore Leslie Lievesley, il direttore tecnico Egri Erbstein e il massaggiatore Ottavio Cortina, quattro uomini dell'equipaggio e tre noti giornalisti sportivi italiani: Renato Casalbore, Renato Tosatti e Luigi Cavallero.
Si salvarono invece i giocatori Sauro Tomà, che non prese parte alla trasferta portoghese perché infortunato al menisco, il portiere di riserva Renato Gandolfi (gli fu preferito il terzo portiere Dino Ballarin, fratello del terzino Aldo) e Luigi Giuliano, bloccato da un'influenza. “Miracolati” anche il noto radiocronista Nicolò Carosio – non poté partire per la cresima del figlio -, l'ex Ct della Nazionale nonché giornalista Vittorio Pozzo, a cui spettò però l’ingrato compito di riconoscere le salme, e il presidente del Torino, Ferruccio Novo, che rimase a Torino perché influenzato.
Grande fu lo sconforto in cui la tragedia fece sprofondare l’intero Paese. «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto "in trasferta"», scriveva Indro Montanelli sul Corriere della Sera del 7 maggio 1949.
Quella squadra è ancora oggi da molti considerata la più grande della storia del calcio italiano. Vinse cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949 e costituiva l'ossatura della Nazionale italiana.
Celebrazioni a Torino
«1949-2019. Solo il fato li vinse», si legge sul profilo Facebook ufficiale del Torino che ha poi pubblicato un video commemorativo.
E nel Settantennale della tragedia si sono svolte le celebrazioni al Cimitero Monumentale di Torino alla presenza di centinaia di persone e dei gonfaloni istituzionali. Nel corso della commemorazione la benedizione del cappellano del Torino, Don Riccardo Robella, e l’omaggio dell’attuale presidente della squadra, Urbano Cairo.
Anche il mondo del calcio, attraverso le parole del presidente della Federazione italiana giuoco calcio, Gabriele Gravina, ha onorato il ricordo del Grande Torino. Messaggi anche da parte di club di Serie A e non solo, campioni dello sport e le figure istituzionali.
Le parole di Mattarella
Così come ha inteso fare il Presidente della Repubblica: «La tragedia di Superga, nella quale persero la vita i campioni del grande Torino e quanti si trovavano con loro sull’aereo che li riportava a casa dopo la trasferta di Lisbona, è una pagina indelebile della storia della nostra Repubblica e non soltanto del calcio italiano». «Nel giorno dell’anniversario si legge ancora sul sito del Quirinale - desidero anzitutto esprimere la mia vicinanza ai figli e ai nipoti delle vittime. Al suo club e alla città di Torino spetta il compito di continuare a trasmettere la memoria di quella squadra straordinaria e, con essa, i tanti valori positivi che testimoniava. Per tutto il movimento calcistico è comunque un’occasione per riflettere sul proprio futuro, per far sì che i veloci, profondi cambiamenti di cui siamo partecipi non disperdano mai quei valori di autenticità, di rispetto, di lealtà nella competizione, di passione sincera e popolare, che costituiscono la bellezza dello sport».