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E’ stata una vera e propria scommessa quella che Pino Bruno ha tentato trent’anni addietro in un paese a Sud di Cosenza, Rogliano, nella Valle del Savuto. Si era in pieno boom economico e a tutto si pensava, ma non a produrre quel prodotto, alimento prezioso e indispensabile per la sopravvivenza della famiglia. Mentre i forni a legna, quelli tradizionali, chiudevano in battenti sull’onda della produzione veloce e industriale, questo signore, coinvolgeva i cugini in un progetto che i più vedevano fallimentare. Pino Bruno con la sua ostinata caparbietà coinvolge la sua stessa nonna e ne prende il segreto della produzione del pane fatto in casa che tutti ritenevano dovesse cadere nell’oblio. Vincenzo Gallo, Antonio Alessio e Gianfranco Bruno accolgono questa sfida e aprono un piccolo panificio quasi a produzione familiare e il pane viene subito battezzato col nome del rione dove vede luce. Il primo periodo non è roseo, ma nessuno si arrende e al panificio iniziano ad arrivare sempre più clienti e sono questi ultimi a sponsorizzare questo pane dal sapore antico e attrattivo dove un pezzetto tira l’altro. Il pane di Cuti oggi è diventato un prodotto riconosciuto a livello nazionale e non, tanto da richiamare l’attenzione di numerose trasmissioni nazionali e arrivano così i primi successi. L’ultimo, quello del Premio nazionale Roma dove, ad onor del vero, la presenza e la vittoria del panificio calabrese è continuativa negli ultimi anni. Due le medaglie vinte: quella d’oro per la produzione del pane senza sale e quella di bronzo. Un punto di arrivo per i quattro imprenditori che ricoprono anche un ruolo non indifferente nell’arginare la piaga della disoccupazione nel Cosentino? Ci rispondono di no e intanto, si preparano a festeggiare i trent’anni di attività dedicati al fondatore, Pino Bruno, a chi ha creduto in loro e ai collaboratori, elemento non superfluo in tutto questo. Tanto lavoro, tanti sacrifici , ma impagabile resta la soddisfazione di far parte di quel pezzetto di Calabria laboriosa e positiva di cui andar fieri.
Francesca Gabriele