VIDEO | Questa sera a Catona Teatro lo spettacolo ormai leggendario del reading degli scritti dell'autore statunitense interpretati dall'artista bolognese. Attuale il messaggio dello scrittore anche per la società odierna: «Siamo tutti uguali e tutti sulla stessa barca»
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«Ogni volta questo spettacolo con Bukowski non è mai la stesa cosa. Cambio note, musica e tonalità. Faccio passaggi che non ho fatto, non c’è una personaggio scritto».
Non mancheranno insomma le sorprese stasera a Catona Teatro che ospiterà l’unica data calabrese di “Haber è Bukowski”. Uno spettacolo che più di altri consente al poliedrico artista bolognese di essere libero nell’interpretazione. Lo ha raccontato lo stesso Haber durante la conferenza stampa di presentazione dell’evento, inserito nella rassegna “Tabularasa”, che ha avuto luogo al Malavenda Cafè di Reggio Calabria.
Anche se provato dal caldo torrido Haber non si è sottratto alle domande e ha chiacchierato con la consueta schiettezza con i giornalisti.
«Quando ho fatto Zio Vanya – ha spiegato Haber – il personaggio era quello l’ho costruito in un mese di prove a sempre tenendo quel mood. Bukowski è diverso, con lui posso andare a briglia sciolte. Di sicuro sul palco cercherò di dare il meglio di me».
Secondo Haber il messaggio più attuale di Bukowski alla società moderna è legato all’uguaglianza fra gli uomini. «Siamo tutti uguali senza differenza di colore, religione o di qualsiasi altro genere. Siamo tutti sulla stessa barca. Lui aveva un grande rispetto per l’essere umano e questo credo sia fondamentale».
Però non dite ad Haber che, in fondo, con Bukowski l’identificazione è quasi totale. Dopo aver ammesso che «anche a me piacciono le donne, il bere e il gioco» si interrompe e raccomanda: «Non mi legate a questo personaggio che nella mia carriera ne ho interpretati a migliaia e altri continuerò a farne».
Ed in effetti non gli si può certo dargli torto solo dando un breve sguardo alla sua lunga carriera che può farsi partire nel 1986 quando il regista Pupi Avati lo vuole in “Regalo di Natale”. Nel film è Lele Bagnoli, perdente nato e aspirante giornalista, uno dei quattro vecchi amici che si ritrovano la notte di Natale a giocare a poker per imbrogliare un industriale. E poi Michele Apicellain in “Sogni d’oro” di Nanni Moretti, con Ugo Tognazzi e Philippe Noiret, in “Amici miei - Atto II” di Mario Monicelli, e, infine, nel cast dell’opera prima di Gabriel Salvatores “Sogno di una notte di mezza estate”. Negli anni Novanta recita in tre film di Pieraccioni (“I laureati”, “Il ciclone” e “Fuochi d’artificio” e, tra il 1999 e il 2003, ancora con Mario Monicelli “Panni sporchi” e Pupi Avati nel sequel “La rivincita di Natale”. Come attore teatrale, nel 2006 si è aggiudicato il Premio Gassman come miglior attore per “Zio Vanja” di Anton Cechov. E come lui stesso ha ricordato in conferenza stampa non può non ricordarsi la sua abilità canore che si è tradotta in diversi album.
Insomma un campionario così vario e complesso che risulta difficile rinchiudere nella pur bellissima “Valigia dell’attore” che Francesco De Gregori gli ha dedicato.