Martedì prossimo il mondo della cultura festeggerà il più amaro degli anniversari in piazza. Il 23 febbraio di dodici mesi fa, infatti, teatri, cinema, concerti si sono trasformati in un ricordo per gli italiani, con il blocco totale degli eventi dal vivo. Un dramma per gli spettatori ma, soprattutto, «per centinaia di migliaia di lavoratori del settore, un anno di profonda precarietà, disoccupazione, assenza totale di prospettive». Ed è per questo che il 23 febbraio in numerose città ci sarà una mobilitazione dei professionisti dello spettacolo: Torino, Milano, Cremona, Brescia, Padova, Trieste, Genova, Piacenza, Bologna, Livorno, Ancona, Roma, Napoli, Barletta, Bari, Catania, Palermo.

Manifestazioni a Cosenza e Reggio Calabria

Anche la Calabria farà la sua parte, con due manifestazioni che si terranno a Cosenza (alle 15 in piazza XI settembre) e Reggio (alle 15:30 su corso Garibaldi). A spiegare il perché è il movimento Approdi, che durante quest'anno di lockdown ha accolto sotto la sua bandiera artisti e tecnici locali dello spettacolo per cercare di fare fronte comune alle difficoltà. «Tante lavoratrici e tanti lavoratori – scrivono in una nota - stanno sopravvivendo a stento con l’elargizione di quelle misure tampone (completamente insufficienti) adottate dal Governo, mentre molti altri rimangono a mani vuote perché ancora incagliati nelle maglie della burocrazia che non ha tuttavia sciolto i nodi legati al respingimento di legittime richieste».

Bonus poco utili e in sospeso

Più che i bonus una tantum, spiegano ancora, quelle che servirebbero al settore sono «misure di reddito e sostegno strutturali e universali, tutele concrete» in tempi di instabilità. Il problema è che il dialogo con le istituzioni si è interrotto, gli spettacoli restano vietati e, coi lavoratori «già giunti al limite» è arrivata anche «l'attuale crisi di governo, grazie alla quale anche gli scarsi fondi destinati ai futuri decreti Ristori rischiano di scomparire o, nella migliore delle ipotesi, di essere ulteriormente ritardati». Ma se in Italia pare sia arrivato il momento delle riforme, che si pensi pure allo spettacolo «perché la sopravvivenza e la dignità di centinaia di migliaia di persone non possono dipendere dalle intemperanze del potere politico», più incline finora a curare «gli interessi dei grandi enti, delle grandi imprese e delle fondazioni».

Cinque proposte per ripartire

Approdi, insieme a un'altra ventina abbondante di associazioni di professionisti di tutta la Penisola, mette infine sul piatto cinque richieste «urgenti e necessarie» per le istituzioni, chiedendo loro di farsene carico: l'erogazione dei contributi previsti dall'ultimo Decreto Ristori rimasti in sospeso per l'avvicendamento tra l'attuale governo e il precedente; la convocazione di un tavolo interministeriale, con lavoratrici e lavoratori del settore spettacolo e cultura a dialogare con i dicasteri del Lavoro, dello Sviluppo economico e dei Beni e delle Attività culturali; l'ormai improcrastinabile «riforma strutturale, formale e fattuale, del settore», con un occhio di riguardo per chi lavora e «non solo per grandi enti e grandi aziende»; «misure, economiche e non, relative ai protocolli di sicurezza»,per far ripartire il settore; supporto alle «piccole e medie realtà, che ad un anno dal blocco del pubblico spettacolo rischiano di chiudere e di non poter più compiere il loro fondamentale ruolo legato alla cultura di prossimità su tutto il territorio del nostro Paese».