Sono trascorsi 100 anni dalla nascita del Leone Socialista, lo statista del fare, Giacomo Mancini, ed oggi proprio a Cosenza, la sua città natale, è stata celebrata la sua nascita per volere della Fondazione a lui dedicata presieduta dal figlio Pietro.
Prima di prendere la parola Giuliano Amato, arrivato quasi a conclusione della manifestazione, è intervenuto Claudio Signorile, già vicesegretario nazionale del Psi e ministro dei trasporti....
"Un patrimonio al quale non si attinse come meritava" , sono queste le parole di Giuliano Amato, oggi giudice della Corte Costituzionale, nell'introduzione del suo intervento nel tracciare le tappe di un giovane Mancini che si andava formando con la storia di quel tempo.
Dal suo battesimo alla politica che vede, dopo la sua laurea a Torino, un passaggio nella resistenza romana, seppure per poco tempo, dove trova Giulio Vassalli che già aveva avuto da Nenni la responsabilità di organizzare i socialisti nella resistenza romana.
Giuliano Amato ha ricordato un altro passaggio storico, quello che vide Mancini in Calabria vicino alle lotte contadine all'insegna della terra che la terra è di chi la lavora, su quel terreno unitario di lotta e di politica che aveva visto anche l'unione, a quel tempo di socialisti e comunisti. Capisce che la questione meridionale non dà la terra a chi la lavora; capisce che nella situazione in cui versa il mezzogiorno l'esodo sarà più forte della parola d'ordine della riforma agraria che pure contò; vide con i suoi occhi sfumare l' impostazione teorica che fu di Gramsci sulla quale i comunisti avevano trovato il senso alle lotte contadine, l'alleanza tra operai del nord e i contadini del sud.
"Mancini non fa disquisizioni teoriche – afferma Amato - ma vede che qualcosa sta accadendo che fa sfrangiardire il senso di questa impostazione, coglie che nel tempo questa diventa ideologia e diventa tra i primi fautori dell'industrializzazione del mezzogiorno, di una nuova politica economica che risolva al posto dell'esodo di ogni meridionale. Ma Nel fare questo, nel prospettarsi la nascita di industrie quindi di formazione di ceti sociali progressisti, di industrie nei servizi legati alle industrie, finisce per distanziarsi dalla posizione che hanno i comunisti ma anche dal prendere le distanze dalle politiche clientelari delle maggioranze che governavano allora questa stessa città e coglie una delle battaglie del futuro, la battaglia alle rendita fondiaria e alla rendita edilizia che non comincia contro il sacco di Agrigento, comincia in questa città".
E cita Landolfi, Giuliano Amato ,e la sua biografia su Mancini dove scaturisce una figura che si trovò a lottare contro due immobilismi, affermando uno stile politico calibrato di volta in volta sugli obiettivi e sulle forze raccoglibili attorno a questi obiettivi. Da dove si vedrà formarsi il filo rosso della sua "idea praticata e non teorizzata".
Giuliano Amato conclude il suo intervento constatando in Giacomo Mancini una vicinanza più alla sinistra estrema che a quella tradizionale, "per certi versi – afferma Amato - c'era un legame con quella new left non del laburismo inglese ma di Wright Mills che nasce sui movimenti anti-autoritari intorno agli anni sessanta, intorno ai giovani e alle donne che si ribellano a quell'autoritarismo nella società più ancora che nei rapporti di fabbrica.
Perchè è importante ricordarlo? Alla fine perse alla fine la sua battaglia e in qualche modo se stesso non sullo storico terreno del duello a sinistra anzi stravinse se è vero che il partito comunista dovette adattarsi per sopravvivere e cambiare quanto bastava per essere ammesso alla famiglia dei partiti socialisti europei, addirittura con il viatico del segretario del partito socialista italiano. Perse la sua battaglia sull'altro terreno, quello della capacità di mantenere una identità distinta e distinguibile da quella del suo maggiore alleato di governo e non essere trascinato dal suo tramonto. Diventò insieme alla DC prigioniero del Palazzo, partecipe più delle vicende del Palazzo che non di quelle della società. "Questo non era capitato al giovane Mancini e neanche al maturo Mancini uomo di stato che aveva sempre rifiutato la verticalizzazione del partito e la identificazione con altri – conclude Giuliano Amato - e non è capitato al vecchio Mancini quando era sindaco della sua città di questo oggi gli dobbiamo dare atto e sono qui per farlo"
All'incontro hanno preso parte, oltre a Giacomo Mancini jr, ex parlamentare e assessore regionale in Calabria, numerosi esponenti politici, amici dell'ex sindaco e compagni di viaggio. Il dibattito moderato dal giornalista Sergio Dragone, autore con Giuseppe Petitto del film "Il leone socialista", ha previsto gli interveti di Gianvito Mastroleo, presidente della Fondazione Di Vagno, del sottosegretario Umberto Del Basso de Caro, del giornalista Paride Leporace, già direttore dei quotidiani "Calabria Ora" e "Il Quotidiano della Basilicata". Anche l'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, attraverso una lettera indirizzata alla Fondazione Giacomo Mancini si complimenta con i promotori dell'iniziativa in ricordo del grande leader socialista, a cento anni dalla nascita.

 

Fiorenza Gonzales

 

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