Non c’è pace per il santuario di Capo Colonna. Prima il braccio di ferro per la colata di cemento del sagrato della chiesa che ricopriva i resti di un antico foro romano, ora una nuova spinosa questione si fa avanti quando i lavori di rimozione sono quasi giunti al termine.
Lo scontro è tra la Soprintendenza regionale ai beni archeologici e la Diocesi di Crotone e Santa Severina. I rapporti tra i due sono da questa estate di tipo epistolare. Ad iniziarli è stata la curia che, sia per l’uso del santuario che per la proprietà su alcune parti di questo, invocava un atteggiamento più attivo e, in particolare, che il ministero avviasse un’azione coordinata con tutti i soggetti interessati e un incontro. Ma nessun riscontro ci sarebbe stato, incattivendo così la Diocesi che è ha diffidato il 26 agosto scorso l’amministrazione che gestiva i lavori dall’eseguire qualsivoglia intervento sulle aree di pertinenza del santuario della Madonna di Capo Colonna senza una preventiva intesa con l’arcidiocesi. La risposta della Soprintendenza è stata inaspettata: la notifica di un decreto di esproprio. La Curia, sorpresa dalla reazione, ribadisce di avere chiesto solo un incontro finalizzato a fare coincidere le istanze di tutela e fruizione del sito archeologico con quelle del culto pubblico del santuario. Allo stesso tempo da fonti vicine alla Chiesa, spunta l’ipotesi che l’atto di esproprio non sia a norma.