L’Ama Calabria aderisce alla campagna dell’Aiam “Abbonato abbandonato” con lo scopo di  dare voce ai cittadini orfani di musica, cultura e conforto, fedeli abbonati, da ogni angolo del paese, di ogni età, sesso, area sociale.

Già nei mesi scorsi l’associazione culturale si era spesa chiedendo ristori alla Regione Calabria per permettere alle imprese del rampo di sopravvivere ad una pandemia tanto improvvisa quanto prolungata che sta portando a raschiare il fondo della casse, ma anche a perdere importanti finanziamenti prima conquistati.

Tutto fermo e immobile, insomma, in un lento morire culturale in cui lo streaming non può che essere meno ancora che un placebo e, soprattutto, non riesce a tamponare l’emorragia economica.


L’Aiam, alla quale l’Ama Calabria si unisce, cita uno studio dell’Agis secondo il quale su 2.782 spettacoli con 347.262 spettatori, in un arco temporale di cinque mesi si abbia avuto un solo caso di contagio riconducibile all’attività dal vivo e confortati da altri studi analoghi, come quelli condotti nella Spagna dei teatri sempre aperti.


«Un’iniziativa – si legge in una nota dell’Aiam – che, a tre mesi dalla chiusura del 26 ottobre, prende il via in tutta Italia per una ripartenza sana e sicura della musica dal vivo. 115 cittadini italiani, Abbonati Abbandonati, 115 uomini e donne, affezionati spettatori di Aiam, l’associazione che rappresenta le 115 più importanti società di concerti italiane, racconteranno ogni giorno in un video perché la musica è necessaria, anche e soprattutto nei momenti di crisi. Con oltre un milione e seicentomila biglietti venduti nel 2019, ultimo anno in cui si è potuta svolgere una regolare attività concertistica, il settore dei concerti dal vivo è un fiore all’occhiello della cultura italiana».


«Le 108 associazioni musicali rappresentate da Aiam, molte delle quali contano oltre mille abbonati alle loro stagioni, hanno obbedito - sottolinea una nota - alle severe direttive governative, con responsabilità, facendosi carico di ingenti investimenti, per garantire un’offerta culturale in piena sicurezza per il loro pubblico e per gli artisti impegnati sul palcoscenico. Tutto questo accadeva a settembre, quando il settore dello spettacolo dal vivo sembrava potesse riaprire».


«Nell’ultimo anno le associazioni federate in Aiam hanno dato voce e opportunità professionali ad artisti ed operatori del settore, da mesi abbandonati economicamente, psicologicamente e professionalmente ad un destino di oblio e trascuratezza; hanno ripetuto che la cultura non è un accessorio pericoloso, ma il fondamento della nostra identità personale e nazionale, la base della nostra coesione sociale; hanno denunciato che non si può vivere di solo consumismo, soprattutto durante una grave pandemia. Ma oggi, con tutti i teatri e auditorium chiusi per legge, è giunto il momento di cedere la parola agli spettatori, veri orfani del sollievo, della cura e della forza che la musica, vissuta in sicurezza, può dare ben più di tante merci privilegiate nel pensiero strategico della politica italiana”.


«Il 116° giorno dunque ripartiremo da capo, una “resistenza musicale” che chiede un nutrimento laico per le loro anime: cultura, musica, bellezza, speranza in un mondo migliore, intellettualmente più sano, più consapevole, più maturo, più coeso e pronto ad affrontare le sfide, anche culturali, della pandemia. Come sempre – conclude - nel rispetto responsabile delle norme di sicurezza che il governo ci ha dato e ci vorrà dare».