Dal chirurgo reggino che ha operato il Papa al medico catanzarese che ha seguito Biden, tanti sono i medici calabresi, tra i migliori al mondo, che sono stati costretti a lasciare la loro terra d’origine. Una terra che nonostante le tante eccellenze continua a rimanere ultima quando si parla di sanità. Una contraddizione che per il presidente della Società Italiana di cardiologia e primario della cardiologia del Policlinico Universitario mater Domini di Catanzaro, Ciro Indolfi non è sorprendente.

Professionisti penalizzati

«Il fatto che calabresi molto bravi abbiano successo e siano in posti chiave in Italia e all’estero succede perché questi medici hanno studiato nelle grandi università del centro Nord, si sono fatti apprezzare e difficilmente tornerebbero nella nostra regione che purtroppo è il fanalino di coda della sanità italiana. Questo succede perché qui non troverebbero le strutture idonee, le risorse, non ci sono le potenzialità per poter dimostrare la loro abilità. Questo è uno dei problemi della nostra sanità. D’altra parte la sanità è da molti anni in piano di rientro, non ci sono programmi, non c’è una visione futura. L’accademia stessa è spesso autoreferenziale, poco meritocratica».

Quale futuro per la sanità?

Non vede dunque un futuro roseo per questa regione il presidente della Sic: «Erano stati previsti quattro ospedali che non sono stati fatti, il piano di rientro ha bloccato le assunzioni ma direi, e questo è un punto molto importante, forse il più critico, è la mancanza di una visione futura. In Calabria si vive troppo spesso sull’emergenza, sulla risoluzione dei problemi emergenziali. Non c’è una programmazione che tenga presente quelle che sono le esigenze dei cittadini. Purtroppo io vedo ancora  una emigrazione all’orizzonte per i calabresi perché non ci sono i presupposti di politica sanitaria o di politica in genere che facciano prevedere una rivoluzione. Abbiamo bisogno di un Piano Marshall della sanità in Calabria che possa cambiare questo trend fortemente negativo».