Entrerà in vigore dopo il via libera ottenuto dal tavolo interministeriale il nuovo accordo integrativo regionale che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe gettare le basi per una profonda riforma della medicina territoriale; area storicamente carente in Calabria. Dopo l’intesa raggiunta tra la Regione e le organizzazioni sindacali, il documento è stato trasmesso a Roma per essere sottoposto al vaglio dei ministeri che vigilano sul piano di rientro sanitario.

Le trattative in Regione

Una valutazione che con ogni probabilità non avverrà in tempi brevi, così come la rigorosa applicazione dei suoi contenuti, frutto di una lunga trattativa con i sindacati rappresentativi dei medici di medicina generale il cui operato potrebbe diventare oggetto di mirati controlli e misurazioni da parte del dipartimento Salute e Welfare della Cittadella ai fini della liquidazione di una quota del compenso.

Gli obiettivi da raggiungere

Per ottenerla bisognerà raggiungere precisi obiettivi dichiarati prioritari per consentire di avviare una complessiva riorganizzazione della medicina territoriale, che oggi sconta un grave ritardo inficiando la funzionalità degli ospedali. In alcuni periodi presi letteralmente d’assalto a causa della disorganizzazione e dell’incapacità delle strutture periferiche di fungere da filtro.

Medici sotto osservazione

Ai medici di base si richiede, pertanto, di conseguire migliori performance nella presa in carico dei pazienti fragili, nella gestione dei codici bianchi per evitare il sovraffollamento delle aree di emergenza ottenendo come conseguenza una riduzione dei ricoveri impropri negli ospedali calabresi. Tutti obiettivi – secondo quanto previsto nell’accordo – che saranno oggetto di monitoraggio.

Verso l'aggregazione

La spinta è inoltre verso l’aggregazione dei medici di base in formazioni funzionali allo scopo di fornire migliori servizi. In Calabria le Aft (aggregazioni funzionali territoriali) sono presenti a macchia di leopardo, con una bassissima copertura della popolazione regionale, i medici di famiglia lavorano per lo più nei tradizionali studi senza riuscire a garantire una effettiva presa in carico del paziente.

A macchia di leopardo

Abbastanza presenti nella provincia di Cosenza, a Crotone e Vibo Valentia, quasi inesistenti in quella di Reggio Calabria mentre nella provincia di Catanzaro sostituite dalle Uccp, unità di cure complesse primarie, al cui interno è collocata anche la continuità assistenziale per garantire in teoria un presidio attivo h24 ma non nei fatti.

Discontinuità assistenziale

La guardia medica in Calabria è diventata quasi una figura mitologica, in via di estinzione per l’indisponibilità di molti medici a svolgere le attività, in particolare, in quelle aree ad alta intensità di intervento. Per questa ragione vi sono postazioni che rimangono prive di specialista, e il servizio sospeso d’ufficio dalle Asp per carenza di personale.

Gli incentivi 

Non a caso, il nuovo accordo prevede incentivi per favorire il ripopolamento del servizio: 15 euro in più all’ora, più o meno la stessa somma che sarà messa a disposizione dei medici che svolgono attività negli istituti penitenziari, altra area che sconta una grave carenza di camici bianchi.

I tagli temuti

E, infine, tasto dolentissimo: la riorganizzazione della continuità assistenziale, divenuto in passato terreno di scontro politico soprattutto nella provincia di Catanzaro. L’accordo prevede l’applicazione di nuovi parametri contenuti nell’ultimo accordo collettivo nazionale e un diverso rapporto ottimale tra medico e paziente.

Bagno di sangue

Le postazioni di continuità assistenziali dovranno essere necessariamente ridotte, riorganizzazione che potrebbe facilmente trasformarsi in un bagno di sangue. La provincia di Catanzaro sarà il territorio a subire il taglio più drastico per la strenua opposizione manifestata in passato dai sindaci alla soppressione delle postazioni, in particolare nelle aree interne.