La prenotazione risale a marzo 2024, l’appuntamento (cancellato) era previsto per il 16 gennaio. L’allarme del Tribunale per i diritti del malato: «Impossibile fare prevenzione. È una sanità per benestanti»
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L’ennesimo paradosso della sanità calabrese è accaduto a Lamezia Terme. Una signora aveva prenotato una visita nell’ambulatorio di Diagnostica vascolare. I tempi, come al solito sono biblici: da marzo 2024 riesce a trovare udienza per il 16 gennaio 2025, dieci mesi dopo.
La donna, come tanti calabresi, si arma di pazienza. Salvo poi saltare sulla sedia quando le telefonano dallo stesso ambulatorio per comunicarle che la visita è stata annullata poiché il medico responsabile, Antonio Giacobbe, è andato in pensione.
Il Tdm: «Perché non si è provveduto a sostituire il medico?»
La signora si rivolge al Tribunale per i diritti del Malato (retto da Fiore Isabella) – della rete Cittadinanza Attiva di Lamezia Terme (guidata da Felice Lentidoro) – che si informa, si rivolge all’Ufficio relazioni con il pubblico e pone due fondamentali, quanto semplicissime, domande «ai direttori amministrativi, sanitari, generali e ai responsabili politici regionali», perché, essendo al corrente del prossimo pensionamento del responsabile della Diagnostica vascolare «non si è provveduto tempestivamente a sostituirlo per dare continuità ad un servizio estremamente importante per la nostra comunità, costituita in prevalenza da cittadini di età avanzata esposti a problematiche vascolari?». «Perché pur essendo a conoscenza che l'ambulatorio sarebbe rimasto sguarnito di medico si è lasciato che il Cup continuasse a procedere con le prenotazioni?».
Il pericolo di dover rinunciare alle cure
C’è, in realtà, un terza domanda che sorge spontanea: verrà ripristinato l’ambulatorio di Diagnostica vascolare?
Il Tribunale per i diritti del malato pone il quesito in maniera velata. E aggiunge: «Questi interrogativi meritano delle risposte perché l'utenza rischia di dover rinunciare alle cure per assenza di un ambulatorio di diagnostica propedeutico ad un efficace percorso clinico-terapeutico».
Interrogativi sul futuro del Giovanni Paolo II
Sul futuro dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme esistono forti preoccupazioni: «Basti citare – scrive il Tdm – la carenza di operatori nel Pronto Soccorso, tamponata in qualche modo dal ricorso a medici cubani professionalmente impeccabili ma alle prese con ovvi problemi di comunicazione con l'utenza; i disagi del reparto di Urologia dove i medici sono costretti a lavorare con ritmi estenuanti per l'esiguità delle risorse professionali sensibilmente sottodimensionate (al momento operano pochi dirigenti medici e manca la figura del primario) rispetto a quanto previsto dalla pianta organica».
Urologia rischia il collasso
«A fronte di tutto ciò, e tenendo presente che per ogni mese, tra prima e seconda reperibilità ci sono 72 turni da coprire, dal primo febbraio la disponibilità per notturni e festivi potrebbe essere ricoperta soltanto da poche unità di dirigenti medici, esposti, per effetto di un impegno massacrante, a stress continuo con rischi di collasso del servizio stesso».
L’impossibilità di fare prevenzione
Ma come si fa a fare prevenzione, ad avere una diagnosi precoce – per patologie vascolari o urologiche – se i tempi di attesa per una visita specialistica sono lunghissimi, se un ambulatorio si ritrova senza responsabile e se in un reparto si lavora sotto enorme stress?
Se lo chiede anche il Tdm: «Risuona come un mantra nei convegni professionali l'invito agli utenti alla prevenzione, possibile (è bene che lo sappiano i gestori regionali della sanità pubblica) in presenza della diagnosi precoce».
Sanità per pochi
Vale per tutti e in particolare per le persone anziane e per chi è indigente e non può permettersi di ricorrere al privato, con buona pace di diritti costituzionalmente garantiti: «Se mancano le risorse – conclude il Tdm – e se, per ottenere una visita specialistica o un esame strumentale, bisogna attendere anni, quale prevenzione può essere avviata? Potrà avviarla tempestivamente chi ha i soldi per ricorrere ai servizi privati, nonostante l'articolo 32 della Costituzione, che esiste ancora e non risulta abrogato, affermi che la “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Ma oggi il problema si pone in termini ancora più stringenti: i cittadini utenti non indigenti che concorrono, attraverso il ticket , a tenere in piedi il sistema sanitario nazionale se finiscono al Pronto Soccorso, e non ci sono a sufficienza medici ed altri operatori che li prendano in carico, rischiano quotidianamente di lasciarci le penne; così come un paziente vascolare se non riesce ad avere una diagnosi precoce rischia che l'accentuarsi della patologia lo conduca ad esiti clinici assolutamente nefasti. Il diritto alla salute non può essere garantito solo a chi ha un solido conto in banca che gli consente di accedere alle più attrezzate strutture private; deve essere garantito a tutti, soprattutto a quelli che le risorse non ce l'hanno e il conto in banca neppure se lo sognano».