«Purtroppo si vive in un territorio dove i servizi sanitari latitano ed ogni venti giorni, per questo motivo, devo andare in Sicilia per far svolgere un piano terapeutico a mio figlio». È quanto lamenta Rosanna Melara, una donna palmese madre di un bambino affetto da un grave disturbo del neurosviluppo. Ad aprile aveva denunciato l'interruzione dell'assistenza domiciliare. L'inizio di un incubo fatto di continui trasferimenti in Sicilia per assicurare al figlio le cure di cui ha bisogno.

In Calabria, infatti, scarseggiano i reparti riabilitativi e le figure specializzate per l'assistenza psichiatrica infantile. Le famiglie con persone che vivono questa realtà si sentono abbandonate al proprio destino. Per gli interventi ci si deve spostare altrove, e spesso le spese per viaggi, visite e pernottamenti diventano insostenibili.

«La mia vita negli ultimi cinque anni è stata un calvario senza fine, ho perso il conto dei viaggi fuori regione per far star bene il mio piccolo - dichiara la giovane mamma -. Poi si ritorna in un territorio dove non c'è possibilità di cure e, per alcune patologie, i trattamenti riabilitativi non sono erogati per mancanza di strutture specializzate. Così sono stata costretta ad andare in ospedale prima a Pisa poi ad Acireale, a far eseguire un piano terapeutico a mio figlio, senza il quale in zona da noi non mi darebbero nemmeno i farmaci. Tutto ciò senza aiuti o rimborsi spese». Purtroppo le persone con disabilità si trovano in una condizione di estremo svantaggio sociale e per rimanere in vita dignitosamente devono sperare che qualcuno in famiglia riesca sempre ad aiutarle. Risulta drammaticamente evidente che se mancano le possibilità economiche, si è spacciati. Una situazione che ha spinto Rosanna a prendere in considerazione il trasferimento permanente in Sicilia. Ma per farlo servono le risorse.

«Chiedo che qualcuno mi aiuti, ho pensato anche di spostarmi a vivere in Sicilia, dove il bambino potrebbe essere seguito da vicino, con tutti i reparti e i servizi funzionanti - afferma Rosanna Melara -, ma non ce la faccio a sostenere le spese per il trasferimento. Non so perché non esista un diritto di cura uguale per tutti. Purtroppo siamo in tanti nelle stesse condizioni. Sarebbe ora che le istituzioni adottassero provvedimenti incisivi a nostra tutela. Non si può scappare da dove siamo nati solo per una lacuna così grande».